Giovedì 25 Aprile 2024

IL TUTTO E’ PIU’ DELLA SOMMA DELLE PARTI

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Domani noi tutti saremo chiamati ad esprimerci sul disegno di riforma costituzionale e finalmente finirà una campagna referendaria che, da entrambi gli schieramenti, non ha fatto che surriscaldare gli animi, portando ad una demonizzazione dell’Altro, visto o come autocrate o come reazionario ignorante. Una campagna, pienamente calata nella geopolitica del terzo millennio e in un mondo quale quello Occidentale che perse le classiche coordinate destra-sinistra con difficoltà avanza dalle ceneri della guerra fredda, di cui per intensità il nostro paese aveva solo un tenue ricordo nello scontro elettorale del 1948. Con il risultato che molti di noi si apprestano a compiere il loro diritto e dovere di cittadini, male informati e senza un’effettiva motivazione di fondo in merito alla vicenda. Probabilmente allora sarà più opportuno, anziché dichiarare la nostra posizione a riguardo, favorire un raffreddamento degli animi. Partiamo da un punto fermo: questa riforma, come qualsiasi altra, non è la panacea a tutti i mali del nostro Paese ma neppure l’incarnazione verbale di un male assoluto. Carta di un popolo, strumento attraverso cui lo Stato regola il suo funzionamento e la vita dei cittadini, la Costituzione è un mezzo e come qualsiasi mezzo umano pertanto perfettibile; mirante a fini perfettibili ma soprattutto dipendente nella sua bontà da chi lo adopera. Un esempio fra tanti può essere fornito dal nuovo titolo V prospettato dalla Riforma. Con esso assistiamo ad una centralizzazione dei poteri dello Stato, a scapito delle regioni, in tematiche fondamentali quali l’ambiente o la produzione di energia. Se saggiamente declinato, ciò porterà ad una razionalizzazione burocratica tangibile, permettendo di risolvere annose controversie fra regioni (vedi l’Alta Velocità bloccata dal Molise). Ma in mani sbagliate non è da escludersi una afasia delle comunità locali, in molti casi non protette se non da referendum consultivi. Pensare, dunque, di risolvere i limiti strutturali presenti solo con riforme costituzionali ma senza cambiare il nostro essere è da irrazionali. Evitiamo di chiederci sterilmente se sia stato lo Stato unitario a rendere corrotti gli italiani o piuttosto il contrario. Sarebbe un po’ come interrogarsi se sia nato prima l’uovo o la gallina; riflessione affascinante ma senza effetti pratici. Gettando invece l’occhio sul mondo politico dell’antica Atene, patria della democrazia, noteremo come vi sia una parola, politéia, intraducibile con un solo sostantivo nella nostra lingua. Con essa i compagni di Pericle indicavano non solo ciò che corrisponde alla nostra costituzione ma anche la cittadinanza; il modo di vivere dei cittadini; l’anima dello Stato; la sua forma di vita. Solo se desidereremo riformare il nostro concetto di politéia potremo dunque vivere democraticamente meglio. Oggi più che mai, dinanzi a questa battaglia a colpi di costituzione, risuona la bontà della massima aristotelica secondo cui “il tutto è più della somma delle parti”.

Antonio Domenico Capone

Articolo presente in:
News · Piazza Duomo

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