Venerdì 19 Aprile 2024

26 settembre 1976 Cronaca di un disastro ambientale. “Per non dimenticare”

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Una data che non si dimentica facilmente, nonostante siano trascorsi 38 anni da quel maledetto giorno. L’esplosione degli ultimi undici metri della colonna di ferro alta 40 m e del diametro di 4 facente parte del ciclo di produzione dell’ammoniaca e dell’urea dell’ANIC, a circa due km dal centro abitato di Manfredonia, in località Macchia, ma in tenimento di Monte S. Angelo. Ore 10,10 circa. Eravamo sul balcone di casa. A rompere la piacevole giornata settembrina un boato proveniente da nord-est in direzione dello stabilimento. Sembrava il rumore di un aereo che aveva superato la barriera del suono. Dopo un attimo di sbigottimento, il nostro pensiero è andato all’ANIC. EnichemSenza rendercene conto, in meno di quindici minuti eravamo già sul posto. Lasciata la macchina sulla strada, a piedi abbiamo raggiunto l’ingresso dello stabilimento dove, sia l’addetto alla portineria che i carabinieri, pur qualificandoci giornalisti, per motivi di sicurezza ci hanno impedito di entrare. Alla richiesta di cos’era accaduto, un collega, già dentro, ci ha risposto: “Nulla di grave, solo vapore acqueo”. Ma la voglia di conoscere i fatti era tanta che, elusa la sorveglianza, fingendo che il medico del pronto soccorso che si trovava a poca distanza ci aveva chiamato, in un battibaleno raggiungiamo l’infermeria. Difficile descrivere lo spettacolo che si è presentato ai nostri occhi. Vedere gli operai, che nel momento dello scoppio si trovavano sotto l’impianto, sbiancati in viso dalla paura, alcuni nudi, altri spogliarsi, intenti a scrollarsi energicamente di dosso una gran quantità di polvere giallastra, senza, peraltro conoscerne la natura, risultata poi essere (As2 O3 -anidride arseniosa, oltre 30 tonn), utilizzata per la produzione di fertilizzanti. Uno di essi, ancora in preda al panico, a mezza voce ci ha raccontato cos’era realmente accaduto:“La disgrazia avrebbe potuto assumere proporzioni ancora più gravi se quella di oggi non fosse stata una giornata festiva. enichem2Solitamente, durante un normale turno di lavoro sono in centinaia gli operai presenti in fabbrica. I detriti provocati dallo scoppio sparsi per un raggio di oltre duecento metri hanno danneggiato altre strutture, uno dei quali ha sfondato un capannone in cemento armato, avrebbero potuto provocare una vera carneficina”. Solo per l’operaio Michele Palumbo di anni 22 addetto all’impianto dell’urea è stato necessario ricorrere alle cure dei sanitari per aver riportato ferite multiple alla mano e al braccio, guaribili in venti giorni. La cosa più grave, l’incoscienza dei dirigenti che, minimizzata la gravità dell’incidente, hanno obbligato gli stessi operai di portare via quella polvere con il solo utilizzo di scope, palette e sacchetti, senza, alcuna protezione (maschere, guanti e tute speciali). Cosa ancora più assurda: il giorno dopo, alla prima squadra se n’è aggiunta un’altra per rimuovere la polvere arseniosa. Operazione subito sospesa grazie alle vibrate proteste del consiglio di fabbrica. Qualche giorno dopo i suddetti operai sottoposti ad esami clinici sono risultati contaminati da sostanze tossiche. Per dovere d’informazione diciamo che siamo stati gli unici a darne notizia alla stampa. Il giorno dopo, infatti, solo “Il Mattino” di Napoli ha pubblicato in seconda pagina nazionale il nostro resoconto. Questa la cronaca di una giornata vissuta sulla nostra pelle che ha cambiato la vita agli abitanti di Manfredonia provocando un disastro ambientale di vaste proporzioni che non potrà mai essere sanato e dimenticato. Ciò nonostante, si è perseverato nell’errore costruendo aziende su di un’area ancora da bonificare. Ma questa… è un’altra storia!!!

Matteo di Sabato

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