Mercoledì 24 Aprile 2024

L’Italia Paralizzata. Ventidue anni fa l’uccisione del Magistrato Giovanni Falcone

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Una carica di esplosivo fatta saltare sotto l’autostrada A29 in direzione di Palermo nei pressi dello svincolo di Capaci, alle ore 17 e 56 minuti e 32 secondi, bloccava l’Italia intera, impaurita, disperata e terrorizzata per la morte di uno dei più grandi magistrati italiani: Giovanni Falcone. Un’esplosione che investì le prime due auto delle tre vetture blindate che proteggevano negli spostamenti il giudice Giovanni Falcone e sua moglie Francesca Morvillo. Nella prima auto c’erano anche gli agenti della Polizia di Stato Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo, mentre immediatamente dopo c’era l’auto dove si trovava Giovanni Falcone e sua moglie. Un carico esplosivo che investirà a pieno la prima macchina della scorta, che balzò dal manto stradale a quasi cento metri di distanza in un giardino di olivi, uccidendo il corpo statale che proteggeva il magistrato siciliano. La Fiat Croma bianca guidata da Falcone, si schiantò contro il muro di cemento e detriti improvvisamente innalzatosi per via dello scoppio, ribaltando Falcone e la moglie conto il parabrezza dell’auto. La strage risparmiò la terza macchina dove c’era l’altra parte della scorta che proteggeva il giudice Falcone.

L’uccisione di Giovanni Falcone fu il frutto delle riunioni della commissione di Cosa Nostra, presiedute dal boss Salvatore Riina, che progettò gli attentati da realizzare contro il giudice Falcone, contro l’allora ministro Claudio Martelli e contro il famosissimo presentatore televisivo Maurizio Costanzo.

La guerra progettata dall’amministrazione di Cosa Nostra, era dovuta alle sentenze della Cassazione che confermava gli ergastoli del Maxiprocesso di Palermo. Cosa Nostra passò a violenti attacchi anche contro il patrimonio storico, culturale e artistico dello stato. L’obbiettivo dell’organizzazione criminale siciliana era quello di screditare il concetto di Stato, indebolire la società civile, che poi come la storia ci racconta e ci testimonia si alleerà con la mafia attraverso una trattativa, la famosa trattativa Stato-Mafia.

Il ricordo unico e indelebile di quella giornata, la memoria che ci affida le immagini dell’uomo e del magistrato, di un uomo legato alla figura dello stato e della legalità, che fu tradito anche dalla stessa istituzione che lui stesso rappresentava.

Non è sicuramente facile dimenticare quei momenti che ognuno di noi non deve categoricamente cancellare dal proprio bagaglio umano e culturale, una storia che dovrebbe essere sempre raccontata, insegnata nelle scuole, con lo scopo di non dimenticare mai un eroe, un eroe moderno che con coraggio, determinazione, consapevolezza e forza, cercò di ostacolare l’attività mafiosa che regnava nel nostro paese.

A distanza di ventidue anni da questa tragica data, ci rimane il ricordo dell’uomo che con la consapevolezza della morte, sposò l’idea folle di combattere la mafia, un male estremo che svanirà completamente solo quando tutti noi con la stessa grinta, con la stessa forza, ma specialmente con lo stesso coraggio di Giovanni Falcone, diremo “no” alla Mafia e quindi alla decadenza sui temi della legalità e della sicurezza dell’Italia.

Felice Sblendorio

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