Mercoledì 24 Aprile 2024

Il tesoretto di Arpi. La storia nei disegni e nel peso delle monete (Foto&VIDEO)

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Con soddisfazione abbiamo potuto assistere per la seconda volta, nel giro di poche settimane, all’arrivo di reperti archeologici nella nostra città. Dopo l’interessante collezione Rizzon, adesso è la volta delle monete del “tesoretto”. Abbiamo avuto il privilegio di trovarci nella Torre Polveriera del castello di Manfredonia quando il prof Giuseppe Libero Mangieri, funzionario numismatico della soprintendenza dei beni archeologici di Puglia, illustrava l’origine e il ritrovamento di queste splendide monete, che d’ora in poi saranno in mostra nel nostro castello.

Innanzitutto è bene ricordare che il Castello Svevo-Angioino di Manfredonia, in quanto Museo Nazionale Archeologico, è l’unico luogo della Capitanata a poter tenere e, di conseguenza, esporre tutti i ritrovamenti della Daunia Antica. È questa infatti la ragione per cui le Stele Daunie e i reperti archeologici della preistoria dauna vengono ospitati qui, pur non provenendo da siti archeologici del territorio di Manfredonia.

Il “tesoretto” viene chiamato così perché le monete ritrovate, che provengono da varie zone dell’Italia Meridionale, hanno un grandissimo valore. Risalgono al III sec. a.C., periodo in cui i romani giungevano in Puglia e la cultura greca stava arretrando di fronte all’espandersi di quella romana. La Puglia era coinvolta in conflitti, fra cui le guerre puniche; e Arpi fu una delle prime città conquistate da Roma. Questo tesoro in monete venne sepolto da qualcuno, con l’intenzione di preservarlo e recuperarlo in un momento più favorevole. Infatti, dietro alle monete che oggi ammiriamo, possiamo immaginare una situazione drammatica: se sono giunte fino a noi tutte insieme, è perché forse la persona che le seppellì non poté più tornare a prendersele.

Il tesoretto non è stato ancora studiato approfonditamente, ma ad una prima analisi alcune monete di Taranto sicuramente risalgono a un periodo posteriore all’arrivo di Pirro in Italia. Questa affermazione viene suffragata dal fatto che le monete di Taranto prima dell’arrivo di Pirro pesavano all’incirca 7,60 g, dopo l’arrivo di Pirro il loro peso scese a 6,70 g, come per le monete di cui qui parliamo. La ragione di questo cambiamento non si conosce, ma nel 1889 Arthur Evans, un archeologo inglese famoso per i suoi studi su Creta e sulla Magna Grecia, scrisse un volume sulla monetazione di Taranto, mettendo in evidenza questo elemento del cambiamento di peso delle monete dopo l’arrivo di Pirro. Questa particolarità dà la certezza che le monete sono state coniate dal 270 fino alla fine della monetazione a Taranto, e cioè intorno all’anno 212.

Queste monete hanno su un verso un cavaliere e sull’altro un giovane che cavalca un delfino, e vengono chiamate nomos. Con la stessa raffigurazione però ci sono anche altre monete, rarissime, che pesano solo 3 g. Come mai? Nel 212 Annibale occupò Taranto, e per pagare i suoi soldati aveva bisogno di monete. Le monete cartaginesi pesavano 3,30 g circa. Annibale andò nella zecca di Taranto e trovò già pronte le matrici per coniare le monete, un’incudine e un martello con le effigi della moneta, ma invece di inserire il peso di metallo che si utilizzava a Taranto inserì il peso di metallo di Cartagine, coniando così monete dall’effige di Taranto ma con il peso utilizzato a Cartagine. Questa moneta restò a Taranto fino al 209, quando la città venne completamente conquistata dai romani. Su alcune monete di Taranto però si può anche trovare un elefante. Sappiamo che Pirro arrivò in Italia con gli elefanti, e quindi quelle monete risalgono al quel periodo.

Storie affascinanti scritte, se ci pensiamo, solo su dei pezzetti di metallo utilizzati per comprare quanto necessario. Storie che, grazie a chi le ha nascoste, a chi le ha recuperate e alla nostra amministrazione che ha voluto fortemente riportarle nel loro territorio d’origine, oggi, a distanza di secoli, sono giunte fino a noi per essere raccontate a chi dopo di noi ha il dovere di custodirle.

Mariantonietta Di Sabato

 


 

 

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Commenti

  • Andrò controcorrente, ma preferisco un ignorante che sia onesto e giusto,piuttosto che un titolato che rubi e che mi prenda in giro e che faccia carriera sulla mia fiducia e sulle mie speranze di cambiamento e di giustizia a 360° !!!!
    Non me ne vogliano i tantissimi giovani in possesso di titoli di studio,ma io la penso così e sè tra i tanti giovani titolati, ci sono ( credo che ci siano !!!) uomini e donne con tali principi di saggezza e di attaccamento alla socialità in modo giusto e onesto…ebbene siano ben accetti….abbiamo bisogno di uomini e donne migliori e incorruttibili e che temano il giudizio di Dio !!! Personalmente ne conosco alcuni che andrebbero bene per tutti noi,solo che non credo che lascerebbero il loro impegno socio-sportivo-cultrurale ….e sono in tanti a conoscerli e ad amarli per quello che sono…..persone ONESTE E AFFIDABILI !!!!!!!!!!!!! D.S.

    Controcorrente ! 29/09/2014 10:41 Rispondi
  • …concordo con Pino…noi “superlaureati” con master e diplomi di perfezionamento ce lo sognamo il pubblico…persino un semplice progetto in una scuola elementare è un miraggio…

    Lucia 28/09/2014 17:24 Rispondi
  • Io, piuttosto penso al tesoretto che il comune mi toglie mensilmente dal salario e alla prossima tripla batosta di tasse!!!

    Ti aspetto nella cabina dell'urna caro sindaco 28/09/2014 12:34 Rispondi
  • Titolo di studio del ministro: diploma di Liceo scientifico
    Da noi per entrare in posto pubblico pretendono chissà cosa e loro con un diplomino devono governare l’Italia. E’ una vergogna

    Pino 28/09/2014 11:50 Rispondi

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