Giovedì 28 Marzo 2024

Gli effetti dell’articolo 18 e dello Statuto dei lavoratori nel Sud, in Capitanata, a Manfredonia (di S. Cavicchia)

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È storicamente documentato che quanto analizzato ed esposto nel precedente articolo è avvenuto soprattutto al Nord e sotto la spinta di condizioni sociali, interessi ed esigenze determinatesi specialmente al Nord. Perciò l’utilizzo ed il ruolo dell’articolo 18 nel mercato del lavoro meridionale è stato ed è piuttosto scarso. Quantitativamente, visto che a livello nazionale mediamente solo il 16% dei lavoratori usufruisce dell’articolo 18, al Sud è interessato solo il 5-6% dei lavoratori; qualitativamente il quadro è ancora più inconsistente visto la realtà sociale, economica e lavorativa del Sud. Le caratteristiche principali del mercato del lavoro nel Sud sono le seguenti:

  1. Nel Sud c’è sempre stato e c’è nel settore privato un mercato del lavoro precario sotto pagato, sommerso, nero, ed addirittura illegale e governato dalle mafie e delinquenze organizzate, anche quando la situazione generale e nazionale era economicamente florida e si espandevano nel Nord i diritti dei lavoratori e loro condizioni di vita. Nel Sud prevaleva un sistema economico in cui era fortemente rilevante la presenza dell’agricoltura, artigianato e piccola impresa, commercio, imprese sicuramente con numero di dipendenti inferiore a 15, dove non è applicabile l’articolo 18, e, soprattutto, di tipo familiare e, quindi, di per sé fuori dalla logica sindacale di contrapposizione-separazione di ruoli, tutta dentro la logica della collaborazione e comunanza di interessi.
  2. Nel Sud è stato ed è dominante un mercato del lavoro pubblico-parapubblico e delle partecipazioni statali. Le industrie più grandi erano a partecipazione statale e, pertanto, i diritti dei lavoratori erano generalmente e sostanzialmente già garantiti dal sistema politico-clientelare di assunzione di tali lavoratori e dell’esercizio del loro lavoro in fabbrica. Nel Sud la fabbrica più grande è la Pubblica Amministrazione in cui è prevalente la logica secondo cui il pubblico impiego viene generalmente conquistato per meriti politici clientelari.

Tutto ciò ha prodotto non solo una grande differenza ed una frattura con le condizioni dei lavoratori nel settore privato ma anche distorsioni e negatività, che in qualche modo si sono moltiplicate nella struttura e nell’operare del sindacato con la generalizzazione dell’articolo 18 e dello Statuto dei Lavoratori.

Infatti tale caratteristica è forse la ragione principale della creazione nel Sud di una pubblica amministrazione clientelare, privilegiata, immobilista tesa allo status quo, non al dinamismo, cambiamento e all’intraprendenza ma a mantenere i propri privilegi; perciò le grandi differenze esistenti con i lavoratori del settore privato si sono trasformate in vere e proprie ingiustizie sociali e privilegi.

 IL SINDACATO NEL SUD, IN CAPITANATA, A MANFREDONIA VA RIPENSATO

Si è gradualmente creata una classe dirigente sindacale come casta e gruppo privilegiato che spesso ha utilizzato il proprio ruolo per fare carriera personale e favorire interessi familiari (quanti parenti e figli di dirigenti sindacali sono stati favoriti nelle assunzioni nel pubblico impiego e nelle partecipazioni statali?).

Ciò ha favorito la perdita di ogni motivazione ideale all’impegno politico-sindacale a favore dei lavoratori precari in gran parte presenti nel settore privato, per difficoltà oggettive e condizioni concrete dell’operare sindacale, sempre meno volontario e militante e sempre più con una mentalità da funzionari. La contrattazione sindacale nel privato si è sempre più indebolita fino ad essere quasi inconsistente mentre la contrattazione sindacale nell’apparato politico-tecnico-amministrativo si è rafforzato sempre più. Anche perché i dirigenti politici spesso erano amici-compagni dello stesso partito o addirittura sindacalisti diventati politici, dato che si passava e si passa facilmente dal ruolo sindacale al ruolo politico; in tal modo le condizioni ed i diritti di lavoro dei dipendenti pubblici nel Sud si sono sempre più rafforzati mentre le condizioni e i diritti nel settore privato si sono sempre più indeboliti.

Contemporaneamente si è rafforzata ed ampliata nel Sud, in Capitanata, a Manfredonia una classe dirigente politica, garantita dal lavoro pubblico svolto. Ciò è avvenuto anche per i dirigenti politici della sinistra, producendo quasi un rovesciamento della propria origine storica, quando tali dirigenti provenivano prevalentemente dal mercato del lavoro privato, precario e senza sicurezza, dal mondo contadino e bracciantile, dal mondo del lavoro edile, dal mondo del piccolo artigianato e del piccolo commercio, anche questi piuttosto precari. Questo è un elemento sociologico che spinge a cambiare oggettivamente la natura, la mentalità, gli interessi, l’attenzione, l’operatività, e gli orientamenti ideali prevalenti nella dirigenza locale del sindacato, indipendentemente dalla coscienza o meno che se ne ha.

NEL SETTORE PUBBLICO E TRA I PENSIONATI UN SINDACATO CHE LOTTA PER I DIRITTI DEI DISOCCUPATI, PRECARI E LAVORATORI DEL SETTORE PRIVATO UTILIZZANDO LE RISORSE E LA FORZA CHE HA NEL SETTORE PUBBLICO

Per tutto questo il sindacato deve fare una forte autocritica, tornare tra la gente, i cittadini nel mondo del lavoro privato e precario facendo battaglia e militanza in tale ambito. Occorre guardare fuori dal pubblico impiego, dare forze ed energia a tutte le altre categorie di lavoratori, anche rinunciando a privilegi nel settore pubblico per ridurre differenze e disuguaglianza.

È per questo che nel Sud, in Capitanata, a Manfredonia oggi più che mai, il sindacato si deve caratterizzare come sindacato dei cittadini, più che organizzare servizi a finanziamento pubblico, si deve caratterizzare per tutelare prima di tutto i più deboli, i disoccupati ed i lavoratori del settore privato, per lo più precario, dedicando tutte le sue forze ed energie a questo ambito, dirottando anche risorse finanziarie ed umane dal settore pubblico e dal settore dei pensionati per operare in tutti i modi a favore dei lavoratori del settore privato, dei giovani e di chi non ha lavoro.

Tutto ciò deve far riflettere e ripensare il sindacato (in particolare la CGIL) su una teoria ed una pratica specifica alle condizioni sociali-politiche-culturali ed economiche del sistema produttivo e del mercato del lavoro nel Sud, senza rinunciare ad una caratterizzazione generale e nazionale.

Il dibattito e la lotta intorno all’articolo 18 è l’occasione giusta per farlo, oggi più che mai. In qualche modo deve essere chiaro che la questione dell’articolo 18 si pone, nel suo aspetto economicistico, soprattutto al Nord, tanto più oggi che la crisi lunga della situazione economica italiana si riflette più pesantemente nelle fabbriche e nel mondo del lavoro privato settentrionale. Ciò perché la crisi e la stagnazione economica produce sofferenza e miseria nel Nord dove nel passato c’è stata più ricchezza e sviluppo e, quindi, la chiusura delle aziende produce un effetto negativo dirompente ed improvviso, a catena ed a valanga, soprattutto dove c’era stato una forte crescita di fabbriche, mentre nel Sud la negatività risulta meno dirompente anche se strutturale nel tempo, più antica e generalizzata.

Nel Sud il sindacato deve lottare per riequilibrare i diritti dei precari e dei lavoratori nel privato rispetto a quelli del settore pubblico.

Silvio Cavicchia

Sociologo e Ricercatore Sociale del Centro Studi e Ricerche “Eutopia”

silviocavicchia@libero.it

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  • L’analisi del prof. Cavicchia è vera anche se la realtà, di chi ha avuto esperienze di certe condizioni lavorative, è peggiore di quanto descritto.
    Dico solo una cosa so di “imprenditori” che oltre a non pagare il giusto dovuto, come da busta paga ed ore di lavoro effettivamente svolte, dal compenso mensile “fisso”, si “frecava” anche gli assegni familiari del lavoratore…. con la frase: “…così è se ti conviene”, ed è per questo, per la fame di lavoro e la sua scarsità che si è maturato il fenomeno dell’emigrazione verso il nord ed altre nazioni.
    Non a caso fu coniata la dizione, “Questione Meridionale”…..PASCIUTA DA UNA CERTA CLASSE POLITICA CHE NE TRAEVA PROFITTO DELLA CONDIZIONE UMANA E LAVORATIVA….tutt’ora attuale e sopportata da tanti giovani che lasciano il nostro paese nella speranza di un futuro migliore… Grazie politica e politici italiani…..per tutto quello che avete fatto e non risolto in tanti anni…..

    semprevigile 31/10/2014 8:55 Rispondi
  • Caro Professore e il sistema che e marcio,dal Presidente Della Repubblica a l’ultimo cittadino.

    poveri noi 30/10/2014 11:15 Rispondi
  • Caro Silvio, la tua analisi, vista da me che per una vita ho lavorato nell’industria pubblica e privata, fotografa benissimo la situazione reale di Manfredonia e dell’Italia. La mancanza di entusiasmo, di sogni, di obiettivi per cui sudare, lavorare e lottare nei giovani e non, proviene dal marcio da te descritto. Il papa Santo Giovanni Paolo II ha chiesto scusa per gli errori commessi nei secoli scorsi dalla Chiesa: quando, a qualsiasi livello, un politico o un sindacalista o un pubblico dipendente incapaci e magari corrotti si decideranno a chiedere scusa per aver portato il paese in questo stato, per aver mentito per decenni etc.. La colpa non si sa mai di chi è. Anzi si sa, è di chi ha lavorato e pagato le tasse.
    La finisco qui, ma poi mi chiedo, a Manfredonia, eleggere un sindaco e i consiglieri comunali serve a qualcosa se la burocrazia comunale resta la stessa che ha avallato decisioni politiche che sono contrarie al bene comune ma che sono sempre in favore di pochi?
    Ti saluto Silvio, insisti, prima o poi qualcuno capirà.

    francesco 29/10/2014 20:21 Rispondi

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