Giovedì 18 Aprile 2024

ELETTROSTOP

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“Io come voi sono stata sorpresa mentre rubavo la vita,
buttata fuori dal mio desiderio d’amore.
Io come voi non sono stata ascoltata
e ho visto le sbarre del silenzio
crescermi intorno e strapparmi i capelli.
Io come voi ho pianto, ho riso e ho sperato.
Io come voi mi sono sentita togliere
i vestiti di dosso
e quando mi hanno dato in mano
la mia vergogna
ho mangiato vergogna ogni giorno”

Una finestra spalancata sul mondo interiore di Alda Merini nel periodo della sua vita in cui tutto è avvolto dall’oscurità, dal tormento, dall’incomprensione di uomini incapaci di leggere e comprendere la fame di vita di una donna stanca.

Una donna che vede strappata via da sé stessa ogni cosa che credeva essere sua: una casa, un marito, due figlie, i vestiti, la propria intimità, la sua stessa libertà.

Alda Merini ha vissuto la sua tempesta interiore oscillando tra le onde racchiuse nell’eco muto delle pareti di cemento del manicomio alte quanto basta per scorgere l’orizzonte imprigionato in un cancello sempre chiuso a chiave. L’unica casa senza porte in cui abitava era quella della Poesia, attraverso cui, alla luce del sole, riusciva a dipingere con il bianco, poiché i colori maturano di notte.

Compagna di altre donne matte, come lei, impotenti di fronte a chi ha il presuntuoso coraggio di definire “folle” chi ha il desiderio di mostrare quante sfumature nella mente umana, collegate alla vita, ci siano, come questi colori possano emergere se solo si lasciasse spazio alla parola e meno al giudizio, se solo si capisse che ognuno è unico, diverso, ma non per questo estraneo e malato.

Con uno spirito devastato dalla voglia di comunicare la verità su se stessa e sul mondo, e di non lasciare che qualcun altro scrivesse la sua diagnosi, la poetessa urla il silenzio il suo dissidio nei confronti di quei vestiti gialli che imprigionavano la sua follia e la sua razionalità, sostenendo che “La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori”. L’unico vero atto folle dell’essere umano è, dunque, saltare sul tappeto della ragione.

Così vogliamo condividere anche con voi quel po’ di emozione e di vita in più che ci ha lasciato La pazza della porta accanto, in scena al Teatro comunale Lucio Dalla, il 2 Marzo.

Uno spettacolo narrante la lucida follia di una donna non compresa, prigioniera di un incubo, ma madre di parole che incarnano la vita stessa, quella che le fu presa, analizzata e bombardata di elettroshock senza chiederle il permesso. Uno spettacolo che dimostra come ci si debba fidare del proprio desiderio d’amore e di vita e di come molto spesso ci si inganna, offuscati alla vista del diverso.

“Sono nata il ventuno a primavera

ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta”

 

Luigia Armillotta & Federica Prencipe

Articolo presente in:
MerdaMerdaMerda! · News

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