Venerdì 29 Marzo 2024

Le Stele della Daunia. La scoperta (Foto&Video)

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Con viva soddisfazione abbiamo appreso che il Rotary Club di Manfredonia vuole proporre di candidare le Stele Daunie quale patrimonio dell’UNESCO. Un patrimonio di inestimabile valore, certo, ma forse non tutti sanno come si è arrivati alla scoperta di questi veri e propri tesori, monumenti antropomorfi istoriati in pietra. Verso la fine degli anni ’50 la Cassa per il Mezzogiorno fece degli investimenti per il miglioramento fondiario in Capitanata, dove, nel tenimento di Manfredonia, erano state realizzate delle proprietà coltivatrici costituite da un piccolo appezzamento di terreno e da una casa colonica, affidate per la gestione a coltivatori diretti, in particolare nella piana di Siponto, poco a sud di Manfredonia (Beccarini, Alma Dannata). Il dott. Domenico Rinaldi (detto Mimì), medico veterinario, poi nominato con Decreto Interministeriale del 1963, primo presidente dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo, ha raccontato a chi scrive che un giorno recatosi in visita presso alcuni poderi, su un muro a secco notò alcuni frammenti di pietre squadrate sulle quali erano incisi dei segni particolari. Le stesse pietre erano presenti anche nelle stalle, dove fungevano da pavimento. Quale appassionato di archeologia, il dott. Rinaldi, incuriosito, ha chiesto ad un assegnatario dove avesse rinvenuto quelle pietre. La risposta fu che durante le arature profonde, dal terreno affioravano tante di quelle pietre che, l’ignaro contadino aveva pensato bene di utilizzare al meglio. Prelevate alcune di esse, la sera stessa il dott. Rinaldi si recò presso la Farmacia Murgo, dove l’anfitrione Antonio, consorte della farmacista, dott.ssa Rosa Sarcinelli, quasi ogni sera ospitava nel retrobottega un gruppo di amici con i quali si discutevano e si programmavano iniziative volte allo sviluppo turistico di Manfredonia. Parliamo di Nicola De Feudis, Giovanni Ricucci, Paolo Valente, Mimì Rinaldi, Antonio Murgo, Matteo Pasqua, Pasquale Di Bari, Lino Di Gennaro e Cosimo Azzarone. Da un po’ di tempo aveva cominciato a frequentare il gruppo anche il prof. Silvio Ferri, pisano, archeologo e accademico dei Lincei, impegnato nella direzione degli scavi presso la Necropoli di Monte Saraceno, nel territorio di Mattinata. Ed è proprio a lui che il dott. Rinaldi chiese lumi sul significato di quelle pietre. Bastò uno sguardo per far saltare dalla sedia il prof. Ferri, tanto lo stupore per la straordinaria scoperta. Nella presentazione del Quaderno n. 2 edito dall’Azienda di Soggiorno e Turismo (1975) a sua firma e Maria Luisa Nava, sua stretta collaboratrice, Ferri affermò che “nulla in Italia di simile era stato mai visto, non solo, ma la loro arcaicità appariva documentata da vari particolari. Da quel momento fu presa l’unica decisione utile di carattere immediato, recuperare ad ogni costo tutti i frammenti recuperabili. Così tutti i muri a secco dei confini poderali furono smantellati, tutti i pavimenti delle stalle sconvolti e a poco a poco, dato che con i nostri mezzi non si poteva fare altrimenti, furono educati gli operatori dell’aratro con paziente insistente azione persuasiva a rispettare l’incolumità dei frammenti affiorati nel corso del lavoro estivo diurno e notturno”. Ci vollero ben quattordici anni per il loro recupero e molti ancora per studiare e catalogare tutti i frammenti ritrovati, affinché le stele potessero finalmente essere esposte al pubblico.

Matteo di Sabato

Nella foto di gruppo: Ritrovamento delle stele. 1962 Scavi archeologici di Beccarini Da sinistra: Dott. Domenico Rinaldi, Dott.ssa Maria Luisa Nava, Dott. Matteo Sansone e Antonio Murgo.

 

 

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