Sabato 20 Aprile 2024

Quando le parole della memoria sono macigni, Siponto e la sua storia

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Raffaello di Sabato

Raffaello di Sabato

Giuseppe di Sabato

Sono stato alla presentazione del libro del mio caro amico Giuseppe di Sabato: “Quando il silenzio era una regola” nel quale l’amico Giuseppe ha voluto  riportare il grande lavoro di Archeologo e Soprintendente Onorario di suo padre Raffaello che ha dedicato tutti gli anni della sua vita alla ricerca   dell’amata  Siponto Antica. Ho avuto il privilegio di aver ricevuto da Giuseppe , una copia del “Quaderno degli Scavi” appunto di Siponto con l’elencazione degli eventi, delle ricognizioni, delle scoperte…descritte in maniera maniacale da suo padre. Il tutto era nato, come noto dalla scoperta casuale, in una cisterna (in realtà un vero e proprio ambiente ipogeico del periodo romano) nel 1870 , di un pilastrino romano dalle dimensioni notevoli, caratterizzato da una epigrafe in latino (forse la prima epigrafe in latino, secondo alcuni, della Siponto Antica) nella quale era menzionato un Liberto Titus  Tremelius, che offriva al Tempio di Diana Sipontina. Questa, scoperta fece pensare che si era in presenza, da qualche parte , del Tempio romano dedicato a Diana. Cosa confutata giustamente dal  Di Sabato che non riscontrò nel tempo alcun altro elemento come l’altare o una statua di Diana. Probabilmente, come fecero altri Vescovi illuminati, nel paleocrstianesimo, per disperdere i simboli del paganesimo, non distruggevano ma nascondevano i maniera sparsa molti manufatti pagani. Si intrapresero in vari tempi delle riceche, ma, invece del Tempio di Diana, vennero alla luce i resti di due chiese paleocristiane di cui si ha anche notizia storica…la prima, datata inorno al V Sec., probabilmente una mononave, con resti di mosaico pavimentale a tessere bianche e  nere, caratteristiche del V Sec. con  catino absidale orienato ad est. Questa prma basilica, attribuita al Vescovo Felice I, fu in seguito ampliata e resa a tre navate dal Vescovo Lorenzo nel VI Sec. il quale costrui’ un nartece, un portico e un Battistero .  Lorenzo doto’  la sua Basilica di pavimento musivo policromo che  è visibile nella chiesa superiore, parete sx: (arte musiva bizantina del VI Sec.) Le due chiese, del V e del VI Sec. poggiavano su un edificio romano (probabilmente una Domus Ecclesia?)..che fino a tre anni fa erano perfettamente visibili e leggibili. Attorno a questi Scavi, e quindi alla Siponto Antica hanno lavorato per circa un secolo il fior fiore di Archeologi, storici, restauratori…con passione, con dedizione , anche con accese polemiche, confutazioni, ma tutti guidati da un solo obbiettivo: portare alla luce la verità storica attraverso quelle sacre pietre     e solo attraverso di esse si può leggere la Storia. E quella di Siponto, che Storia… D’Aloe, Di Sabato, il Labadessa, …e tanti altri, fino a Marina Mazzei che a Siponto e per Siponto ha dedicato la sua vita di Archeologa…raccogliendo quel testimone della storia che i suoi illustri predecessori le  avevano   passato. Tutte queste cose , vengono evidenziate nel libro di Giuseppe sulla copertina del quale, giustamente, e di questo ringrazio la famiglia di Giuseppe, la moglie e le figlie, hanno messo la foto di quelle basiliche paleocristiane e di quegli scavi tanto amati e sudati che però non esistono più perché qualcuno ha deciso, circa tre anni fa, di ricoprirle per far posto ad una struttura completamente avulsa da quelle verità storiche che faticosamente , ma con orgoglio furono portate alla luce. Un struttura in metallo che riproduce in maniera del tutto arbitraria, direi abusiva,quella che doveva essere le vere Basiliche Paleocristiane di Felice I e di Lorenzo Maiorano…delle quali non conosciamo gli esterni e nemmeno le vere bellezze architettoniche… semplicemente perché non disponiamo di alcun disegno o graffitto che le rappresenti. Purtroppo questa installazione sta arrecando più danni che benefici,e quando i canti di quelle sirene  che hanno voluto questo scempio  non si odono più perché andate via, sono rimaste solo macerie.

Ma di questo, dati alla mano, posso parlarne con chiunque e dovunque…

La sera della presentazione ho fatto il mio intervento, come mio carattere anche in modo acceso (e di questo mi scuso) ma sono sicuro cahe da qualsiasi parte siano Giuseppe e suo padre Raffaello, avrebbero condiviso le mie parole, Giuseppe con la pacatezza che gli  era innata, Raffaelo credo con più forza…degli altri lascio immaginare. Con Giuseppe ci vedevamo spesso in Basilica di fronte a quelle pietre che ora non ci sono più , e lui aveva intrapreso una grande battaglia direi il suo grande sogno: quello di riportare a Manfredonia il Pilastrino a Diana, che si trova, dal 1870 al Museo Nazionale di Napoli. Ho fatto una proposta agli astanti: mettiamoci insieme, Associazioni e singoli, per portare a termine il lavoro (e realizzare quel sogno)  che Giuseppe stava portando avanti:  riportiamo il Pilastrino di Diana a Siponto. Solo così, con i fatti possiamo dimostrare che in questa città tutto non è ancora perduto.

Aldo Caroleo  Archeoclub di Siponto

 

 

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