Sabato 20 Aprile 2024

Lo specchio delle emozioni: Antonia e Gianluca, uniti nella vita ma anche nella lotta contro il COVID-19

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Eroi, tutti li chiamano così ormai! Parliamo dei nostri operatori sanitari: medici, infermieri, operatori socio sanitari… Professionisti che permettono ai nostri ospedali di assistere e curare i nostri malati ma non solo. La loro umanità, la loro sensibilità, la loro empatia e dedizione garantisce una degenza centrata sulla PERSONA oltre che sulla malattia. Adesso li definiamo “EROI” perché con coraggio combattono un nemico invisibile, sconosciuto, pericoloso mettendo a rischio la loro stessa vita, continuando a fare il proprio lavoro con passione senza mai sottrarsi…come sempre direi! Pensiamo ai medici di base, ai pediatri, a tutti i professionisti che lavorano sul territorio e che vivono uno stato di ansia e preoccupazione non solo per sé ma anche per i pazienti che assistono. Devono valutare le condizioni cliniche, visitare pazienti potenzialmente infetti centellinando i Dispositivi di Protezione Individuale ancora troppo pochi per tutti.

Vorrei soffermarmi, però, sugli operatori impegnati nei reparti COVID. Sono certi della presenza del virus anche se non lo vedono, sanno che i loro assistiti sono positivi. Lavorano con delle armature da astronauta: doppi, tripli guanti, tutone, mascherina FFP3, maschera sugli occhi, visiera, cappuccio…. Solo a pensarci sentiamo caldo, ci sentiamo soffocare e ci chiediamo: ma come faranno a lavorare tante ore in quel modo? La loro passione, il loro coraggio li porta a non lamentarsi, a non sentire il bisogno di bere, di mangiare, ma solo di continuare a lavorare, a pensare al paziente che sta respirando male, che può andare in arresto cardiaco e quindi ha bisogno di monitoraggio continuo… non c’è il tempo per pensare al peso dell’armatura se hai già i pensieri zuppi di sudore ed il cuore intriso di dolore! I turni sono lunghi più dei chilometri di una maratona di New York, estenuanti più di una camminata nel deserto del Sahara, non si chiacchiera con i colleghi… parlare con quelle mascherine non è facile. In quei barili d’animo, quasi vuoti di parole, si raschia il fondo solo per trovarle giuste da incastrare nella sofferenza dei pazienti, povere persone sole che non possono comunicare con nessuno dei loro cari per sentirsi capiti, ascoltati, rassicurati… ebbene si, gli operatori sanitari fanno anche questo: ascoltano e accolgono, registrano nella loro mente, senza riuscire a cancellare, le confidenze dei loro assistiti… si sentono dire: “di ai miei figli che gli ho voluto bene”, “ per colpa mia, anche mia moglie ha preso il virus e potrebbe morire, mi porterò questo peso sulla coscienza”, “non so se cela farò, puoi dire ai miei figli che ho messo da parte dei soldi per loro in un cassetto?”. Devono, inoltre, comunicare con le loro famiglie giornalmente creando una sorta di connessione tra le due parti, accogliendo anche la loro sofferenza, il loro sentirsi inutili, in colpa per non poter stare vicino al proprio caro. Di fronte a queste parole come si fa a rimanere inermi?! Come sarà possibile rimuovere i graffi che le loro coscienze difficilmente riusciranno a coprire? Eppure non possono fermarsi, devono cercare di tranquillizzare i loro assistiti, di ingoiare tante lacrime amare per trasformarle in sorrisi da donare…dietro quelle maschere, i loro soli occhi devono essere cascate di positività e fiducia. Ma come fanno? Da professionista posso solo trovare una spiegazione nella loro dote più importante, che si chiama EMPATIA…. Per tutti questi motivi li chiamiamo EROI, perché hanno dei superpoteri, ma anche molte responsabilità perché lavorano con qualcosa di molto caro, importante, prezioso: la vita delle persone.

Molti di loro sono convinti di essersi “abituati” (se così si può dire), a veder morire delle persone, ma come può abituarsi alla morte chi alla radice del suo giuramento ha promesso di salvare vite? Ma provate ad immaginare come si sentono sconfitti gli operatori sanitari quando muore un malato di COVID… un paziente che è arrivato in reparto in qualche modo cosciente, ti ha raccontato una parte di sé, ma che hai visto peggiorare improvvisamente e morire sotto i tuoi occhi, nonostante hai provato a rianimarlo per un’ora, senza riuscire a tenerlo in vita. Poi devi comunicare ai suoi familiari che non cel’ha fatta, che hai fatto tutto il possibile ma non è servito. Sei consapevole di essere l’ultima persona ad averlo visto e che questa persona non potrà ricevere nemmeno una degna sepoltura, una salma che non avrà neanche la possibilità di essere bagnata dalle lacrime di chi per una vita ti ha amato e voluto bene.

Ti senti impotente, sconfitto, triste, angosciato! Queste immagini le hanno stampate nella loro mente, le sognano di notte … quando riescono a dormire.

Ogni giorno, raccolgo queste confidenze da mio marito, infermiere del reparto di Rianimazione dell’ospedale “Riuniti” di Foggia. Leggo nei suoi occhi la preoccupazione, la tristezza, l’impotenza scontrarsi con il tanto coraggio, la tanta forza di volontà… senza MAI tirarsi indietro!

Gli operatori sanitari sono preoccupati quando si recano a lavoro e ancora più impauriti quando si dirigono verso le proprie abitazioni, dove non hanno il tempo di preoccuparsi per sé stessi, ma devono preoccuparsi dei loro cari… hanno paura di essere contagiati ma soprattutto di poter contagiare in qualche modo le persone a cui vogliono più bene e di non poterselo mai perdonare. Quando tornano a casa, cercano di stare distanti dai loro figli … niente baci e abbracci. Molti di loro, per precauzione, si sono separati dalle loro famiglie e sono rimasti soli. Corpi stanchi e scarichi a cui viene tolta anche la possibilità di ricaricarsi d’amore e d’affetto! Credo che neanche Dante avrebbe avuto coraggio e fantasia a scrivere un girone così tanto infernale per punire qualcuno. Ma ci rendiamo conto di com’è cambiata la loro vita e quella delle loro famiglie?

Questo li porta a lavorare sotto una forte tensione nervosa ed in un continuo stato di allerta per mantenere i livelli di attenzione sempre alti. Il carico emotivo a cui sono sottoposti è elevatissimo. Reggere tutto questo è davvero difficile, ecco perché il personale sanitario va supportato. Ogni singolo gesto, una piccola attenzione, una coccola virtuale… è importante. Dobbiamo far sentire la nostra vicinanza, il nostro affetto… la nostra GRATITUDINE! Non dimentichiamo che il personale sanitario può essere soggetto a quello che viene definito BURNOUT, ossia ad una sindrome da stress lavorativa e che riguarda tutte le professioni di aiuto (medici, infermieri, operatori, psicologi, insegnanti), cioè tutte quelle professioni che presuppongono un coinvolgimento emotivo molto forte nei confronti dei loro assistiti.

Lo stress, esattamente come l’ansia, è uno stato fisiologico normale che non può né deve essere evitato, ma può essere affrontato e gestito in modo efficace. Naturalmente, più l’evento è imprevedibile ed incontrollabile, più è stressante ma soprattutto, più è duraturo e più si cronicizza. Questo CORONAVIRUS genera STRESS proprio per questo motivo: è sconosciuto, imprevedibile, pericoloso, contagioso, sembra che capisca come accentuare le nostre paure, quasi come se avesse un cervello! Non si sa quando e come potrà essere sconfitto. Gli operatori sanitari, più di noi, sono stremati, hanno già chiesto troppo ai loro fisici ormai fragili, hanno già esaurito tutti i bonus psicologici, ci stanno rimettendo in salute e vite, consapevoli che tutto questo non ha ancora trovato la parola fine, perciò stiamoli vicino, preserviamo il loro benessere e preveniamo la cronicizzazione dello stress cercando di comportarci in modo responsabile restando a casa e mettendo in pratica tutte le disposizioni che gli esperti ci hanno dato. Dobbiamo limitare la diffusione del virus. Gli ospedali devono continuare ad essere un posto sicuro, un luogo di cura per tutte le malattie non solo per il COVID… non possiamo sovraccaricarli! Non ci è più concesso nessun margine d’errore!!!

DOBBIAMO COMPRENDERLO!

Dobbiamo volerci bene e allo stesso tempo voler bene alla nostra comunità, ai nostri operatori sanitari che si stanno sacrificando per tutti noi e avere rispetto per il loro lavoro non solo adesso che siamo in emergenza.. SEMPRE!

RESTIAMO A CASA, ognuno di noi può e deve fare la sua parte, deve essere da ESEMPIO agli altri e mettersi nei panni di chi ogni giorno lotta per la nostra salute e pensare a come noi possiamo aiutarli … dobbiamo essere EMPATICI proprio come i nostri operatori ci insegnano quindi STIAMO A CASA.

Vi ripeto, vogliamoci tutti bene, diamoci virtualmente la mano e camminiamo verso la stessa meta … uniti possiamo superare questa emergenza e lottare contro questo MOSTRO CON LA CORONA.

Sono vicina concretamente a tutti gli operatori sanitari: il mio servizio di ascolto psicologico gratuito è sempre attivo per voi! Anche io voglio fare la mia parte!

Con fiducia, impegno e pazienza ce la faremo! CORAGGIO!

Vi abbraccio con affetto.

Dott.ssa Antonia Vera Chiara Facciorusso, psicologa e psicoterapeuta con la collaborazione e la testimonianza del Dott. Gianluca Castigliego, infermiere del reparto RIANIMAZIONE dell’ospedale “RIUNITI” di Foggia.

Info e richieste: antoniaverachiara@yahoo.it

Cell. 340/2779849

 

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