Giovedì 28 Marzo 2024

Foggia: il peso di una città dolente su tutta la Capitanata

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Udite, udite: la Città di Foggia, capoluogo della Daunia, ha una nuova giunta, la terza nel giro degli ultimi tre anni. Una buona notizia? Macché, come nel passo biblico, nulla di nuovo sotto il sole! È lo stesso sindaco, al secolo Franco Landella, a prepararne l’assetto nel panorama politico di un centrodestra parecchio dissestato da veleni e lotte a punta di coltello tanto acuminate da trasformare nel tempo l’originale compagnia in un noioso litisconsorzio necessario animato da improbabili protagonisti di una politica che riesce difficile catalogare nel repertorio della specie. Landella incarta il risultato sorridente, come se l’operazione fosse un capolavoro di alchimia politica. Lo fa con parole che vorrebbero evocare una rinascita, una risalita, una svolta. Ma le tappe di questa sua storia raccontano qualcosa di molto diverso che non sfugge alla fotografia dell’ultimo scatto. Stiamo ai fatti. Nessuno dei partiti che hanno vinto le ultime elezioni a Foggia esce bene da questa vicenda. Non ne esce bene la Lega, sconfitta su tutta la linea, attestata sul fronte della continuità che, dati alla mano, non c’è e non si vede! I vertici della Lega avevano indicato chiaramente, nero su bianco, la strada. Ma lui, Landella, ha pensato bene di non tenerne conto. In vero, sono tutte le forze del centrodestra che escono a pezzi da questa operazione. Landella è riuscito a sfibrarle. Prima il suo rumoroso addio a Forza Italia, poi il tentativo di trovar riparo in Fratelli d’Italia che gli chiuse le porte, poi quello spettacolare approdo nella Lega, in pieno solleone l’estate scorsa. La coalizione accusa il colpo, ma riesce, va detto, a prendere le distanze da Landella, gradualmente e progressivamente, giorno dopo giorno, perché le metamorfosi del primo inquilino del Palazzo mal celano l’idea, ormai predominante, di uomo solo al comando, cosa difficile da digerire, ancor di più se consumata con pervicace iattanza, qualità in cui Landella non teme rivali.

Prova ne sia il ben servito che il sindaco riserva alla vecchia giunta di cui, urbi et orbi, si reclamava l’azzeramento.Sulle prime Landella punta i piedi. Poi riesce ad intuire, capita anche a lui, che la partita era troppo surriscaldata e cambia strategia : subisce, o meglio, finge di subire il dictat dei partiti di maggioranza e vara un nuovo esecutivo. Non un governo dei migliori ma degli esperti, spiega con piglio spavaldo, “perché io – dice – sono un uomo di partito”! In questo nuovo affresco Landella compie, con apparente nonchalance, almeno due operazioni: salvare due poltrone del suo cerchio magico, cooptando anche alcune personalità di un certo smalto. Cinica la scelta di lasciare fuori l’avvocato Sergio Cangelli, di certo il migliore della vecchia squadra, per capacità professionali e l’impegno profuso in roventi questioni. Ora come ora è difficile dire se il sindaco di Foggia sia stato sincero nel dire che il nuovo look non abbia avuto qualche vecchio stilista come suggeritore. Stando al suo verbo, nessuno avrebbe indicato uomini e donne, neanche Maria De Filippi! Ma pur a voler dare per buona questa sua creatività, resta il fatto che tutti i partiti che portarono Landella a risalire sul trono, hanno deliberatamente scelto di marcare una cifra di distanza dalla sua gestione. Alcuni lo hanno fatto in maniera molto eloquente e netta come Giandonato Lasalandra , altri per spirito di squadra, altri ancora perché, a ben pesare le cose, non si può ancora dire come andrà a concludersi il lavoro della Commissione d’Accesso inviata dal Viminale per accertare se nel Palazzo ci siano state infiltrazioni di natura mafiosa. L’impressione che si ha è che il Consiglio Comunale sia stato costretto a subire la strategia di Landella. L’Assemblea, in cui ci sono poche individualità realmente autonome, è parsa stanca, seduta su se stessa, incapace di guardare oltre. Dietro le quinte di un governo perennemente in bilico è stato sicuramente facile per lui  scompaginare i gruppi, con una pletora di consiglieri senza storia impegnata a dar vita a spettacolari salti della quaglia con cambi di casacca più veloci della luce. Davvero un giochino da ragazzi per un navigatore come Franco Landella, sempre più convinto che chi va per questi mari… questi pesci trova! Del resto, il Consiglio Comunale che Foggia si ritrova è lo specchio di una città dolente, lontano anni luce dalla tradizione che Foggia riusciva a mettere in campo in tempi ormai lontanissimi.

Difficile capire adesso se il Palazzo riuscirà a superare indenne il periglioso guado in cui da anni si dimena. Che l’aria sia tesa non è un mistero, lo sanno anche le pietre. Non per niente un consigliere comunale, Antonio De Sabato, all’indomani del varo della nuova giunta, ha sferrato un dura reprimenda al sindaco richiamando fatti e circostanze che hanno del raccapricciante e che per questo non potranno non trovare una risposta. Evidentemente è presto per dire come e se finirà questa storia. Il varo della nuova giunta del comune capoluogo della Capitanata potrebbe essere l’ultimo espediente, in attesa di  alcuni sviluppi imprevedibili dai quali dipenderà il futuro di diverse carriere politiche, in primis quella di Franco Landella e, a seguire, quelle dei suoi familiari e dei suoi adepti. I problemi della provincia , com’è di tutta evidenza, dipendono in buona parte dalle condizioni in cui è ridotta Foggia, più che il suo capoluogo, una vera palla al piede per l’intero territorio. A Foggia manca un ceto dirigente, questo il punto. Da molti, troppi anni ad imperversare c’è solo un ceto dominante. E Landella ne è l’emblema: quella sua gaffe del 25 aprile, riportata dall’Ansa, quando riesce a confondere, con stupefacente disinvoltura, la liberazione del Paese dell’occupazione nazi-fascista con una non meglio precisata liberazione dai bombardamenti, né è la riprova. Serve una prece!

di Micky dè Finis 

Articolo presente in:
Capitanata · News · Venti ed Eventi

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