Mercoledì 24 Aprile 2024

Sull’orlo dell’abisso

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Si discute sul ruolo di Manfredonia nel contesto politico-economico della Capitanata. Non lo si fa di certo in loco, dove i referenti istituzionali amministrativi sono a ben altro di effimero e stravagante affaccendati, dimostrando di non avere contezza del ruolo che si ritrovano affidato loro da un elettorato che in buona fede gli hanno dato fiducia. No, di Manfredonia ci si interessa e si questiona in quei luoghi dove si cerca di dare concretezza a idee valide e imbastire progettualità che utilizzino e valorizzino le risorse e le potenzialità di una provincia anch’essa alla ricerca di una giusta rivalutazione delle sue specifiche ed originali possibilità operative. In questa prospettiva entra in gioco la città per la quale lo stesso fondatore re Manfredi aveva preconizzato grandi prospettive. Una città e territorio che con le loro prerogative naturali e le dotazioni strutturali che nel tempo si sono aggiunte, costituiscono un tassello fondamentale per la costruzione di quella immaginata “provincia regione”. E non solo per essere l’unico sbocco a mare di una provincia operosa ma che ha poco considerato la “via del mare”. Tra gli ultimi interventi, in ordine di tempo, quelli dell’economista Federico Pirro e del saggista meridionalista Domenico Di Nuovo, i quali hanno puntualizzato alcuni aspetti di fondo della funzione di Manfredonia e territorio, non solo quelli prettamente economici ma anche quelli attinenti agli aspetti ambientali, sociali, politici delle iniziative da mettere in campo. E mentre Pirro esprime “perplessità sui temporeggiamenti e le contrarietà di Manfredonia verso le iniziative industriali, in particolare quella della Seasif”, Di Nuovo afferma che “occorre prendere con serietà (e serenità) tutti gli aspetti legati agli investimenti previsti”. E aggiunge: “La storia industriale di Manfredonia e Monte Sant’Angelo ha impartito lezioni molto importanti al riguardo”. Punti di vista? Teoricamente si. Ma nella realtà, nella pratica quotidiana non si può fare a meno, doverosamente e responsabilmente, di vagliare ogni iniziativa sull’effetto che fa a cominciare dalla sostenibilità ambientale che è la stella polare per ogni altro aspetto economico, politico, sociale. “E poi – rilancia Di Nuovo – perché non vagliare altre possibili soluzioni più aderenti alle naturali vocazioni del territorio?”. Ecco il punto debole della recente storia di Manfredonia: l’assenza di possibili iniziative rispondenti alle vocazioni del territorio. Chi si è mai preoccupato di andare alla ricerca di attività che rispondano alle esigenze naturali del territorio? Quelle che si sono affacciate (Pirro cita la Seasif) non promettono nulla di buono. E pare si continui su questa scia. L’associazione culturale e politica “Manfredonia Nuova” ha appena denunciato che la Provincia di Foggia avrebbe autorizzato il trattamento e recupero di rifiuti speciali nel sito SIN ex Enichem alla periferia di Manfredonia ma dipendente da Monte Sant’Angelo. E i signori del palazzo San Domenico che fanno? Ne sanno qualcosa? Che dicono? Sono impegnati nelle varie tv nazionali a prendere sberle a destra e a manca o a esporre sorridenti rassicuranti selfie? La cittadinanza è annichilita, disorientata, incazzata nera. Sull’orlo di un abisso. Di Nuovo rispolvera e ripropone la vecchia idea di una “cabina di regia” che dovrebbe sovraintendere alla formazione di idee e proposte per la ormai famosa “ripresa e resilienza”, una terminologia sempre meno citata così come i “provvidenziali” PNRR dei quali si sa poco o niente. Il problema che non si riesce a superare e a risolvere, è quello delle persone cui affidare le sorti della città e di tutto il resto. L’esperienza incontrovertibile di Manfredonia è una continua e inesorabile caduta dei valori più elementari con il rimescolamento di un passato disastroso che pretenderebbe di ritornare.

di  Michele Apollonio

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