Martedì 30 Aprile 2024

Ma Manfredonia non è Seveso

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IL CONVEGNO organizzato dalla Asl Foggia a Manfredonia presso l’auditorium “Serricchio” di Palazzo dei Celestini, aveva come tema di base le strategie innovative da mettere in campo per la salvaguardia di ambiente, clima e salute. La Puglia – è stato evidenziato dai relatori – è la terza regione in Italia per illegalità ambientale. I danni degli sversamenti dei rifiuti tossici in regione rappresentano una delle cause di patologie tumorali e malformazioni congenite, come sottolineato durante il convegno dai dati scientifici diffusi su inquinamento e malattie correlate.

ESEMPIO ormai classico dimostrativo dei tanti aspetti del problema ambiente-inquinamento-salute, l’incidente occorso all’impianto di produzione di urea (fertilizzanti) dello stabilimento Anic-Enichem dell’Eni allocato nella piana di Macchia di Monte Sant’Angelo e la periferia di Manfredonia, affacciata nel golfo garganico, richiamato e dibattuto in questi 45 anni trascorsi da quell’evento che mobilitò il mondo industriale e politico. In poco meno di mezzo secolo su quel sito si sono susseguiti a ritmo frenetico analisi, dati e studi sulle conseguenze di quell’incidente senza che si sia riusciti a definire una situazione che vada oltre la presa d’atto di quanto accaduto peraltro in continua disputa non solo scientifica sulle cause e sugli effetti.

NEL RECENTE convegno, ultimo di una serie che non ha espresso significativi input per una definizione della vicenda nei suoi aspetti esistenziali, sono stati ripresi i temi esposti e analizzati nelle ricerche e negli studi presentati nei vari convegni. Si discetta su quanti sono stati i morti, si formulano ipotesi sulle cause e così via dicendo. Un asettico computo numerico fine a sé stesso che non attrae più nemmeno la curiosità della gente sempre più lontana da quella problematica, immersa com’è nella preoccupata ricerca di soluzioni di lavoro che assicurino la sopravvivenza quotidiana.

UN ASPETTO emerso nel convegno di Manfredonia. «La vicenda di Manfredonia – è stato esplicitato – denominata la “Seveso del Sud” (l’incidente avvenne infatti tre mesi dopo quello dell’ICMESA di Meda; il Time lo posizionò all’ottavo posto tra i peggiori disastri ambientali della storia), non ebbe la stessa attenzione della vicenda lombarda, nonostante cospicui finanziamenti regionali, circa due miliardi delle vecchie lire di cui si persero le tracce». Probabilmente la verità di fondo sta in quella eterna disputa di cui tanto discute la politica di oggi, vale a dire la diseguaglianza tra nord e sud. A Seveso – è il rilievo – fu subito costituita una coorte di popolazione seguita per trent’anni; a Manfredonia c’è voluta una indagine penale e forti iniziative di ricercatori indipendenti per ottenere i dati di quell’incidente che non hanno chiarito e attivato nulla.

A MEDA, al nord, in dieci anni hanno realizzato il recupero dell’area e la ripresa sociale, economica e lavorativa, grazie all’impegno delle istituzioni, ma anche alla risposta della comunità attiva e solidale, l’iniziativa dei residenti e degli uomini del lavoro. «La città è diventata – riportano le cronache del luogo – un centro fiorente di vita sociale, di musica e arte, un importante centro della memoria sulla questione ambientale». Da queste parti, al sud, dopo 45 anni si è ancora al punto di partenza.

  Michele Apollonio

 

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