Martedì 19 Marzo 2024

Pagine di storia: Manfredonia ricorda il 24 maggio 1915 e l’affondamento del cacciatorpediniere “Turbine”

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Sono trascorsi 105 anni da quel tragico 24 maggio 1915, allorquando la rabbia austriaca si scatenò sulla nostra città colpendola da mare con cento colpi di cannone, distruggendo alcuni capannoni della Stazione Campagna ma il ricordo di quei momenti rimangono sempre vividi negli animi dei manfredoniani.”Ad perpetuam rei memoriam” la città ha dedicato all’evento due lapidi che troneggiano, la prima in Piazza Marconi: “«In questo Golfo leggendario all’alba del XXIV Maggio 1915 mentre la nave Turbine eroicamente si sommergeva, Manfredonia prima fra tutte le città adriatiche sperimentò impavida la rabbia austriaca ed il fulgido valore Italico». La seconda all’ex Stazione campagna: realizzata dal marmista N. Silvis: “Il primo giorno della guerra nazionale l’odio austriaco con cento colpi tirati dal mare frase questo edifizio non l’animo dei cittadini fidenti nella vittoria”. Con i primi versi Luigi Siciliani, ha voluto, altresì, sublimare l’eroica fine di una nave da guerra italiana durante il conflitto austro-ungarico a ricordo del fulgido atto di coraggio dei nostri marinai. Purtroppo molte inesattezze sono state scritte su questo avvenimento al punto da costituire un vero attentato all’eroismo della nostra Marina Militare. In particolare, nel fare cenno all’episodio si dice tra l’altro: «Il nostro caccia venne colpito ripetutamente in varie parti; poi alle caldaie di poppa e di prua. Ripiegò su di un fianco. Fu la fine. Il comandante Bianchi, colpito di striscio alla testa, perse per un istante la conoscenza. Quando si riebbe capì che non c’era più niente da fare. I morti e i feriti abbondavano intorno a lui, fece alzare bandiera bianca e ordinò di abbandonare la nave”. Queste notizie sono state riprese da una lettera fornita dall’Ambasciata d’Austria in Italia datata 11 maggio 1967. Evidentemente, quanto riferito dall’Ambasciatore, non è stato altro che frutto della propria immaginazione, o quanto meno, avrà consultato prima l’Almanacco 1929 della Jadranska Staza (La sentinella dell’Adriatico) edito in Jugoslava, nel quale si legge: ”Il defunto comandante Vukovic, il primo giorno di guerra dell’Austria – Ungheria con l’Italia, il 24 maggio 1915, durante un attacco della flotta austriaca comandava un cacciatorpediniere che nelle vicinanze delle Isole Tremiti attaccò il caccia italico «Turbine» agli ordini del comandante Bianchi. Dopo i primi colpi di cannone il caccia italiano alzò bandiera bianca e si arrese”. La verità è ben altra! Da queste colonne desideriamo fare piena luce su di un episodio che offusca una delle pagine più belle  e luminose di eroismo della Marina italiana. Ne “Il Giornale d’Italia di circa ottant’anni or sono, Virginio Gayda scrisse: “All’apertura delle ostilità, 24.5.1915, il cacciatorpediniere si trovava in crociera nel Basso Adriatico. Attaccato da un incrociatore e quattro cacciatorpediniere nemiche accettò da solo la battaglia, combattendo quattro intere ore dalle 3.10 alle 7.00. Ma ben presto la sua inferiorità dinanzi alle cinque unità nemiche di tipo più moderno e di maggiore tonnellaggio. Colpita in più parti vitali, la nave italiana rimaneva immobilizzata continuando a difendersi con il cannone. Esaurite le munizioni, con quasi metà dell’equipaggio morto o ferito, il comandante, anch’egli ferito, ordinò che si aprissero i kingstons e si affrettasse l’affondamento, e così la piccola nave italiana combatté e morì”. Queste notizie sono avvalorate maggiormente dai rapporti delle navi avversarie che parteciparono al combattimento. Difatti, nel rapporto dell’esploratore austriaco Helgoland è detto: “Il cacciatorpediniere nemico rispose subito al fuoco dei nostri caccia. Se si considera la grande distanza, il suo fuoco era ben diretto e i proiettili cadevano in prossimità delle nostre unità”. In quello del Csepel è detto tra l’altro: “I proiettili nemici cadevano vicino a noi, uno di essi cadde rasente la prua sollevando una colonna d’acqua che bagnò la plancia”. La prova più valida pensiamo sia quella riportata dalle conclusioni del rapporto dell’esploratore austriaco Helgoland che dice: “Poiché le unità navali austriache avevano intenzione di sbarrare il passo verso Nord all’Helgoland e ai nostri caccia era necessario non perdere più tempo. Si abbandonò quindi il Turbine con una forte inclinazione a sinistra tutto traforato e ardente”. Da questa documentazione si può ravvisare l’inoppugnabilità di quanto avvenne quel fatidico giorno. E’ dunque ben chiaro che il Turbine combatté eroicamente.
Matteo di Sabato

Articolo presente in:
Appunti di un Cronista · News

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