Mercoledì 8 Maggio 2024

Dalla parte dei proletari, di tutti i lavoratori e contro le disuguaglianze (di S. Cavicchia)

0 0

Prima parte.

Il 12 dicembre 2014 ci sarà lo sciopero generale indetto dai sindacati CGIL ed UIL, purtroppo, non unitario poiché la CISL ha già promosso solo lo sciopero generale del pubblico impiego. Ciò nonostante, è indubbio che la rinata complessiva mobilitazione sindacale è e si muove in prospettiva su una condivisa, nuova e forte consapevolezza del ruolo dinamico ed egualitario svolto da loro nella società italiana. Dopo anni di attendismo e passività si ritorna a dare forza ad iniziative di aggregazione e riflessione sociale, di mobilitazione collettiva per la tutela dei lavoratori e dei soggetti più deboli in ogni ambito, dai luoghi di lavoro ai territori sociali, dai luoghi politici – partitici a quelli istituzionali – parlamentari.

METTERE A CENTRO LE PROPOSTE PER FERMARE L’AUMENTO DELLE DISUGUALIANZE SOCIALI

In questa occasione, non è tanto e solo il blocco delle attività lavorative che va sottolineato, o il sacrificio del lavoratore dipendente che perde la retribuzione di un giorno, quanto e soprattutto quello di mettere al centro dell’attenzione del paese e del governo le proposte ed i provvedimenti necessari per fermare le aumentate disuguaglianze sociali, il continuo e progressivo depauperamento di chi è già debole, fragile e marginale. Perciò è importante che anche in Capitanata, nei Comuni si esprima adeguatamente una mobilitazione e riflessione collettiva sulle proprie condizioni di vita e sulle iniziative utili a far rinascere un slancio, un maggiore aggregazione e solidarietà, la ripresa di senso collettivo che coinvolga tutti. Lo sciopero generale è un arma estrema di lotta sociale e, proprio per questo, non può ridursi e chiudersi solo nei luoghi di lavoro e riguardare solo i lavoratori dipendenti, ma deve trovare espressione nelle città, riguardare tutto il mondo del lavoro e del non lavoro, deve essere una occasione per ripensare noi stessi, poiché le questioni poste dai lavoratori riguardano l’intera società italiana, la vita quotidiana e la prospettiva dei nostri territori.

I PROLETARI, IERI ED OGGI, E LE LOTTE SOCIALI

In tal senso è da capire che la questione della lotta contro le disuguaglianze sociali e l’impoverimento assume oggi dimensioni e caratteristiche simili alle origini del movimento operaio e sindacale. La storia sociale ci insegna che alla nascita della società industriale capitalistica le lotte sociali non riguardavano solo i salariati, ma tutto l’insieme del mondo del lavoro, dai lavoratori dipendenti a quelli autonomi (piccoli artigiani, commercianti, contadini), dai precari (lavoratori alla giornata, senza diritti e contributi) ai non lavoratori, indigenti che sopravvivano raccogliendo prodotti spontanei della terra ad usi civici (terrazzani, spigolatrici di grano) e da tutto il mondo sociale invisibile, nascosto di derelitti, miserabili, marginali.

Proletari erano detti nell’antica Roma i nullatenenti che venivano registrati nei censimenti soltanto perché avevano figli (proles) od erano in grado di averne, poiché ciò interessava l’organizzazione del servizio militare ed aveva, quindi, un valore in funzione della difesa dell’impero. Nel Settecento con la rivoluzione industriale questi nullatenenti, sradicati dalle loro città e dal loro mondo lavorativo non più esistente, si moltiplicano e la loro presenza, soprattutto nelle periferie, diventa enorme e caratterizzata da condizioni di vita estremamente miserevoli.

Insieme a loro sono presenti i proletari straccioni o sottoproletari (lumpen-proletariat) ad indicare individui occupati in modo estremamente irregolare e precario, in lavori di infimo ordine, con reddito bassissimo ed incerto, mediamente al di sotto della linea di povertà (lavori di facchinaggio, di pulizia, raccolta stagionale di frutta ed altri lavori agricoli precari, mansioni semiparassitarie nel piccolo commercio). Poi ci sono le masse di mendicanti e di vagabondi che si incontrano e vivono nei quartieri fatiscenti e baraccati delle periferie delle città, homeless, persone senza fissa dimora (contadini scacciati dalle terre, servi abbandonati dai padroni, figli di nessuno, artigiani invalidi o rovinati dai debiti, ex soldati, ex carcerati, persone senza un mestiere definito, ladri e delinquenti).

Il termine proletari stava, quindi, a significare l’insieme di tutti questi mondi sociali caratterizzati da non possedere nulla se non la prole, i figli. Veniva usato per distinzione e contrapposizione ad un unico altro mondo sociale: quello dei proprietari di patrimoni, di beni e di ogni tipologia di mezzi di produzione (dalla terra alle macchine ed alla tecnologia, dall’istruzione alle amministrazioni pubbliche e statali). Le rivendicazioni per il pane e per i diritti di sussistenza e contro la miseria e le relative lotte sociali li coinvolgeva ed abbracciava tutti. La tutela di questi mondi sociali, si esprimeva anche con una molteplicità di forme e strumenti che andava dal sistematico elemosinare e rubacchiare al prostituirsi in tutti i sensi, dal dono reciproco al baratto, dalle associazioni di carità agli istituti di beneficenza, dal sostegno formale ed informale del vicinato alla famiglia numerosa, ed estesa, dalle società di mutuo soccorso alla cooperazione sociale e produttiva, dalle corporazioni di mestieri alle casse mutue di sostegno alimentare ed economico.

Silvio Cavicchia

Sociologo e Ricercatore Sociale del Centro Studi e Ricerche “Eutopia”

silviocavicchia@libero.it

Articolo presente in:
News

Commenti

  • P.S. Mi pare di averti già raccontato che la prima spiegazione della parola “proletario” me la fece mio padre da ragazzo, perché lui si considerava un proletario appunto.

    ilproletario 13/12/2014 17:01 Rispondi
  • Grazie per la tua dotta spiegazione e lezione che giustifica pienamente il mio nickname, del resto scelto a ragione dovuta.
    Per questa ragione ho sempre contestato quei politici che si rivolgevano agli operai e impiegati chiamandoli “proletari”.
    Sono convinto che da ormai quaranta anni i veri proletari sono solo gli homeless, come li chiamano in USA, cioè quelli che dormono per strada, coperti dai cartoni, quelli che mangiano alla mensa della Caritas, quelle persone ricche solo di dignità ma senza orgoglio.
    Ecco perché dico che questi scioperi per difendere solo i DIRITTI senza parlare dei DOVERI, sono pretestuosi, politici, faziosi, inutili, anzi dannosi per l’economia, e non è vero che ci rimettono solo gli scioperanti, ci rimette la nazione agli occhi del possibile o probabile investitore estero, sono una delle cause, non poco importante, della attuale crisi che impoverisce i poveri, i proletari appunto, ma non gli stipendiati, gli operai occupati, i dipendenti comunali, del cimitero, dell’ospedale, gli insegnanti, i professori, tutti quelli insomma che sono pieni di DIRITTI ma dimenticano i DOVERI!
    O no?

    ilproletario 13/12/2014 16:57 Rispondi
  • Una bella lezione di storia . Bisogna però dire che , il sindacato ha perso il suo significato nel momento in cui si è alleato ai partiti negli anni 70/80. E’ questo che lo ha portato a quell’attendismo e passività cui lei fa riferimento.

    tonino 13/12/2014 11:01 Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

 
 
 
WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com