Domenica 28 Aprile 2024

Trivellazioni petrolifere: referendum il 17 aprile. Riccardi: "Impegno per informare. Necessaria grande partecipazione"

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Scongiurato il pericolo della ricerca di petrolio nei pressi delle isole Tremiti. Fissato il referendum per il 17 aprile: momento di democrazia che dovrà essere esercitata da tutti.

Abbiamo appreso tutti, o quasi, dell’improvvisa rinuncia della Petroceltic Italia srl nell’effettuare ricerche di petrolio a poche miglia dalle isole Tremiti, nel mare Adriatico. Tutti, o quasi, abbiamo incassato con soddisfazione la repentina retromarcia e tutti coloro i quali si sono impegnati nell’opposizione civile ad una così pervicace ed invasiva azione, ai danni del nostro mare, hanno espresso la propria soddisfazione.

Ieri il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha firmato il decreto con il quale si stabilisce che il referendum sulle autorizzazioni petrolifere si svolgerà il 17 aprile prossimo. Disdetta da parte di tutti coloro che, invece, avevano chiesto l’accorpamento di date con le elezioni amministrative che si svolgeranno, in molte città italiane, a giugno prossimo.

Il sindaco di Manfredonia, Angelo Riccardi, ha ospitato presso il Municipio sipontino, il 18 gennaio scorso, l’assemblea che ha dato vita al perentorio documento congiunto col quale si chiedeva al Governo di revocare l’autorizzazione concessa.

“Non credo che le cose avvengano per caso e non sono così convinto, come altri, che la ragione del dietrofront della Petroceltic risieda esclusivamente nel costante calo del prezzo del petrolio. A mio avviso, invece, quell’autorizzazione concessa dal Ministero dello Sviluppo economico negli ultimi giorni dello scorso anno solare – dichiara Riccardi – era del tutto improvvida e unilaterale, oltre che diametralmente opposta alle nuove politiche energetiche europee e, soprattutto, al volere delle popolazioni adriatiche. Era necessario un passo indietro. E così è stato”.

A conforto delle parole del sindaco, semmai ce ne fosse bisogno – visto che la Petroceltic aspetta nove anni per un’autorizzazione, la ottiene nell’ultima settimana del dicembre 2015 e vi rinuncia un mese dopo – si può produrre un dato: è inoppugnabile che nel 2015 il prezzo del greggio è calato del 47% circa (fonte: U.S. Department of Energy), ma è altrettanto certo che il 22 gennaio 2016 aveva toccato il fondo, attestandosi sui 27,76 dollari a barile, per risalire e portarsi ai 34,55 dollari odierni. E’ vero che nemmeno per questo anno sono previste impennate del prezzo del petrolio, ma è altrettanto vero che chi si trova in difficoltà economiche, e questo appare pacifico nel caso della Petroceltic, non abbandona una concessione senza colpo ferire e anzi, con buona certezza, monetizza facendo subentrare terzi. La compagnia dublinese, che non ha alcun pozzo già in estrazione, non ha rinunciato agli altri investimenti nella ricerca di giacimenti in Italia, come quelli in Piemonte, nel biellese, o nell’Adriatico ma, in questo caso, al largo del Molise. Il petrolio che troverebbero nelle due succitate località varrebbe di più di quello che si sarebbe potuto trovare alle Tremiti? Domanda retorica, ovviamente.

La coscienza delle istituzioni, delle associazioni, dei giovani studenti, di quanti difendono l’ecosistema dell’Adriatico non merita le parole che qualche rappresentante del Governo ha riferito ai media. Costui, che ha liquidato con sufficienza la preoccupazione delle popolazioni adriatiche, avrebbe potuto, non dovuto, avere maggiore rispetto nei confronti dei presidenti della Regione, della Provincia, del Parco del Gargano, e verso i sindaci che hanno fatto semplicemente il proprio dovere: rappresentare il volere del popolo. I primi cittadini, soprattutto, vivono quotidianamente tanto le gioie quanto le preoccupazioni delle proprie comunità. Affermare che “fanno ammuina” e che si vogliono raccattare consensi, oltre che essere poco elegante, delegittima la rappresentatività delle istituzioni stesse, in primis quelle locali. Quelle a più alti livelli, invece, credono, a volte, di poter fare e disfare come meglio ritengono opportuno, senza ascoltare, senza confrontarsi, senza essere aperti alla democrazia partecipata (quanto mai opportuna nei casi come quello di autorizzazioni per cercare il petrolio nell’Adriatico). Considerazioni fatte con rispetto: quello che, però, la persona di cui sopra non ha riservato a chi non ha accettato supinamente l’infausta autorizzazione concessa dal MiSE.

Tornando a questioni di ordine più pratico, viene da chiedersi: ma è davvero una vittoria la rinuncia della Petroceltic? Sì, lo è nell’immediato perché la mobilitazione collettiva ha reso manifesta la volontà delle comunità locali. No, non lo è del tutto perché il Governo ha scelto il 17 aprile come data nella quale svolgere il referendum sulla durata delle autorizzazioni per la ricerca di idrocarburi. Mancano, cioè, due mesi ad un appuntamento importantissimo per affermare e ribadire il proprio desiderio di partecipazione. Non c’è molto tempo per costituire comitati che informino compiutamente sulla questione e non è apparso opportuno a nessuno, eccetto a chi si è prodotto in una scelta così rigorosa, svincolarsi dall’accorpamento di date con le elezioni amministrative che si svolgeranno a giugno prossimo. Dispiace apprendere che far precedere le amministrative di giugno dal referendum di aprile costerà a noi tutti una cifra che oscilla tra i trecento e i trecentocinquanta milioni di euro. Mica “quisquilie, bazzecole o pinzillacchere”, avrebbe detto qualcuno!

Erano sei i quesiti depositati il 30 settembre scorso: tre sono venuti meno perché integrati nella Legge di stabilità 2016, uno è stato accolto e restano ulteriori due sui quali la Corte costituzionale deve pronunciarsi e chiarire il sospetto conflitto di attribuzione con il Parlamento. Proprio questi ultimi due – afferma il sindaco di Manfredonia – rivestono enorme importanza, visto che con uno si vuole porre un limite alla durata dei permessi per le ricerche, attualmente infinita, mentre con l’altro si obbligherebbe lo Stato a definire di concerto con le Regioni quali siano le aree in cui è possibile avviare progetti di trivellazione”, come chiesto anche dall’assemblea del 18 gennaio scorso al fine di “istituire un tavolo di confronto tra Governo e Regione Puglia sui temi centrali della politica energetica e sui nuovi indirizzi mondiali sui cambiamenti climatici”.

Più che crearsi un precedente, quindi, si andrebbe a fissare una norma che ricalca perfettamente il prototipo della democrazia partecipata. Forse è una delle ragioni per le quali i referendum, espressione pura di partecipazione ‘dal basso’, non sembrano riscuotere interesse a Roma e, anzi, paiono andare a sparigliare decisioni assunte con poca, o scarsa, considerazione delle comunità locali.

Due mesi non sono tanti, ma nemmeno pochi. Dobbiamo continuare ad impegnarci, da subito, per sensibilizzare e informare su un tema che ci riguarda tutti, volenti o nolenti. Tutti. Ognuno, poi, farà la scelta che ritiene più opportuna per sé e per i propri figli, ma è necessaria e indispensabile – conclude Angelo Riccardi – che vi sia una grande partecipazione all’appuntamento referendario del 17 aprile prossimo. Tuteliamo l’Adriatico, prendiamoci cura del nostro mare, difendiamo la nostra identità”.

Matteo Fidanza
Ufficio Stampa – Città di Manfredonia

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