Giovedì 16 Maggio 2024

Manfredonia ricorda il Tenente Angelo Velasquez

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La toponomastica della nostra città si arricchisce di un altro nome prestigioso. Una figura eroica, radiosa, che, nonostante la sua giovane età, sprezzante della barbarie tedesca, ha preferito rinunciare all’amore per la vita, per la famiglia, pur di non rinnegare l’appartenenza alla sua Patria, al Tricolore. Questi è il tenente Angelo Velasquez, trentenne, appartenente al 10° Reggimento Fanteria ”Regina”, di stanza a Manfredonia, trucidato con disumana ferocia con altri 102 ufficiali e soldati. A circa settant’anni dalla sua tragica scomparsa, a seguito di reiterate richieste avanzate dalla moglie Giuseppina D’Onofrio e dall’unico figlio Vittorio, l’Amministrazione comunale di Manfredonia lo ricorda intitolandogli una via della città. Nei giorni scorsi la cerimonia di  commemorazione e lo scoprimento della targa, svoltasi in una cornice di mestizia e di forte commozione, presenti la moglie del compianto Angelo, del figlio Vittorio, dei parenti più stretti e di un gruppo di amici. Il sindaco Angelo Riccardi, presente  il vice sindaco Matteo Palumbo, nel suo breve, ma sentito discorso ha così esordito: “La nostra città, come tanti altri comuni d’Italia, grandi e piccoli, ha dato un significativo contributo di sangue nel corso delle vicende che hanno visto coinvolto il nostro Paese a partire dalla sua unificazione. Non sempre, però,  è stato tributato il dovuto e dignitoso riconoscimento a chi ha compiuto il sacrificio supremo, donando la propria vita, perché noi potessimo vivere liberi nella nostra terra ed essere artefici del nostro destino. Manfredonia ha, in verità, saputo distinguersi e non ha mai dimenticato i suoi figli che, per terra, per mare e per i cieli hanno difeso e onorato la patria”. 1.TEN ANGELO VELASQUEZPer i nostri affezionati lettori sentiamo il dovere di tracciare alcuni cenni biografici del giovane tenente Angelo Velasquez, il cui figlio Vittorio ha voluto compiacersi di renderci partecipi delle alterne vicende che hanno costellato la sua breve, ma eroica esistenza. Angelo nasce a Barletta il 24 ottobre 1913. Conseguito il diploma di ragioniere lavora in Prefettura. Scoppiata la guerra, chiamato alla armi diventa istruttore delle reclute nella sua città. Nominato tenente, aggregato al 10° Reggimento Fanteria “Regina”, Ia Brigata, Battaglione Costiero, viene inviato a comandare la Tenenza di stanza a Manfredonia. Qui conosce Giuseppina D’Onofrio, figlia del Cav. Vincenzo, proprietario dell’omonimo Pastificio. Il 5 marzo del 1942, convolano a nozze e il 10 febbraio dell’anno successivo nasce Vittorio. Un mese dopo arriva la nomina a capitano, nomina mai trasmessa perché inviato ad accompagnare le reclute destinate all’Isola del Coo, attuale Kos, nel Mar Egeo, per fare ritorno a Manfredonia. Cosa che non avviene. L’8 settembre, nonostante fossero cessate le ostilità, il Ten. Velasquez insieme ad altri ufficiali e soldati si rifiutano di arrendersi ai tedeschi. Catturato con il gruppo Comando viene fatto prigioniero. Ecco manifestarsi l’aberrante e disumana ferocia dei soldati tedeschi. Bastonati e portati  nel castello di Coo, i 103 ufficiali, dopo essere stati sottoposti a un processo farsa, sono trascinati nella piana di Linopoti, una zona impervia, paludosa  e passati per le armi da mitraglieri tedeschi nascosti nella boscaglia. Gettati in fosse comuni, i militari italiani vi rimangono fino alla fine della guerra. Grazie al pentimento di un ufficiale italiano collaborazionista e al popolo greco, vengono individuate le fosse comuni. Il 10 settembre 1954 per interessamento dell’Associazione Reduci dell’Egeo avviene il recupero delle salme e traslate nel Sacrario dei Caduti d’Oltremare di Bari. A parte la breve ricostruzione dei fatti che hanno portato alla eroica morte di un nostro caro concittadino, ci piace riportare l’ultima cartolina che Angelo ha indirizzato alla sua adorata Giuseppina e al piccolo Vittorino, datata 13 luglio 1943. Parole strazianti dalle quali traspare la disperazione, l’amarezza di un giovane ed eroico soldato, marito e padre, che il destino crudele e la ferocia della guerra ha strappato in modo disumano agli affetti più cari. “Salutami e baciami tanto il piccolo Vittorino il mio piccolo grande amore. Angelo. Caro Vittorino, perché sei così piccolo e non puoi comprendere il mio dolore, non puoi confortarmi, non puoi aiutarmi e continui a vivere nella tua beata innocenza. Come è triste il tuo povero papà, quanto soffre, non sai che calvario è la sua pur giovane vita. Tu non  mi conosci e nulla sai di me, tutto ignori. Quanto vorrei abbracciarti. Tu piccola mia creatura sei il mio conforto, ma tu sorridi beato non mi rispondi e mi lasci nel mio abbattimento. Abbiti tanti bacioni dal tuo papà”. Parole struggenti, che ti strappano l’anima, che ti fanno comprendere quanto possa essere grande l’amore dei genitori verso i figli. Di un genitore che, pur consapevole della inesorabile sorte che lo attende ha voluto lasciare alla inconsolata consorte e all’amato figlioletto il suo testamento d’amore che ti lascia sgomento, ma con la consapevolezza e la fortuna di aver avuto un grande marito e di essere figlio di quel meraviglioso ed eroico padre che ha preferito scegliere la morte per difendere la sua amata Patria. Esempio luminoso che dovrebbe far riflettere le nuove generazioni.

Matteo di Sabato

 

 

 

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