Giovedì 25 Aprile 2024

La grava di Posta del Fosso

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Nell’immediata periferia del paese (Manfredonia) si trova una grava, termine pugliese per indicare un inghiottitoio, una cavità naturale nel terreno dove l’acqua delle piogge in eccesso cade per continuare a scorrere sottoterra. Si presenta come un grande burrone dalla forma ovoidale. Una parete è rocciosa e scende a strapiombo, l’altra parete è uno scoscendimento terroso con forte pendio. In fondo al fosso vi è un passaggio che porta ad una grotta estesa quasi come la nostra Piazza del Popolo. Tra il 1944 e il 1945 la grava fu usata come discarica dalle truppe anglo-americane. I ragazzini di allora, provati dalle ristrettezze, scendevano nella grava per rovistare tra i rifiuti, alla ricerca di cibo, vestiario e altro. Anch’io, ancora un ragazzino di appena dieci anni, mi avventuravo in quel tenebroso posto per raccogliere oggetti vari, quelli che avessi reputato adatti per giocare: distintivi, galloni, elmetti, ecc. Negli anni Trenta questa caverna, dalla volta rabescata di concrezioni stalattitiche, era stata individuata dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali, la quale aveva avviato indagini archeologiche. Dagli scavi eseguiti era emerso che migliaia di anni fa essa era stata dimora di comunità umane primitive. In linea d’area si trova ad un centinaio di metri dal famoso sito preistorico di “Occhiopinto-Scaloria” Attualmente la grava è ancora una discarica, abusiva, colma di materiale di risulta – proveniente dal lavoro di sterro per la costruzione del vicino raccordo stradale – e di rifiuti di ogni genere, alcuni pericolosi, come le lastre di eternit, altri maleodoranti, come le carcasse di animali. Il remotissimo insediamento umano non potrà essere documentato oltre, perché l’homo tecnologicus di oggi, trogloditico più di ieri, ha ostruito completamente il passaggio alla grotta. Sono tornato da adulto nello speco, circa quarant’anni fa, quando l’androne era ancora parzialmente libero, “immondizzaio – solo – degli Alleati”, per ridestare momenti della mia infanzia. In queste escursioni esplorative davo uno sguardo a tutta l’ampia grotta. Notavo gli stazzi delle greggi, in macera, così come li avevano abbandonati i pastori. Infatti, la località che ospita la grava prende il nome di “Posta del Fosso” proprio perché fu posta delle pecore finché durò la transumanza in Capitanata. Ma rinvenivo anche resti di materiale litico e cocci vascolari, tracce incontestabili di insediamenti primitivi. Suggestionato dal sito, mi figuravo scene di vita arcaica, quasi fossero ricordi ancestrali. In questo luogo, dunque, oggi non è più possibile indagare e cercare il nostro passato, interi millenni di tanto tempo fa.

Antonio Telera

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