Giovedì 25 Aprile 2024

La mala-educaciòn

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Le violenze fisiche e verbali che in questi ultimi giorni molti docenti hanno subito, da parte e degli alunni (delle medie, degli istituti tecnico-professionali, dei licei) e dei loro genitori, per la sola colpa di voler dare un’insufficienza o una nota, descrivono un problema sociale (non solo educativo) dovuto alla proliferazione di un’aggressività diffusa; alla contestazione verso qualunque autorità; al disconoscimento di qualsiasi forma di autorevolezza. Nel populismo spiccio dei nostri giorni chiunque detenga infatti un potere, compreso quello formativo dell’insegnante, è un Moloch, un mostro da abbattere ogni qualvolta ostacoli i nostri voleri. A prescindere dalla natura degli stessi. In passato nelle scuole ciò non si verificava; e non per quello sterile luogo comune del passato come mitica età dell’oro (in Italia coincidente con il boom degli anni ’60), antitetico alle brutture del presente. A livello educativo ad esempio non tutto ero positivo (come non pensare al docente che non di rado ricorreva a punizioni fisiche per ammaestrare i suoi alunni) ma per lo meno a nessun genitore, o quasi, veniva in mente di mettere in dubbio l’autorevolezza di un insegnante: anche, se non soprattutto, quando un docente dava un 4 o una nota. Questo atteggiamento era dettato a dir il vero, specie nel Meridione, dal contesto socio-culturale dei tempi. Genitori ed insegnanti erano soggetti antropologicamente diversi fra loro: pochi genitori erano laureati o persino diplomati, difficile era per loro capire di “cose di scuola”; l’insegnante invece era colui che ha studiato; che sa; che conosce il mondo. Adesso la realtà è cambiata: spesso questa subalternità è venuta, per fortuna, meno ma ciò non ha favorito una maggiore comunicazione fra le parti; creando anzi una mutazione del ruolo dell’insegnante, ormai visto, piuttosto che come formatore, come gestore. O meglio come un baby-sitter: quando infatti compie il ruolo di gestore, di tutore dell’ordine (dando una nota a chi se la merita) viene aggredito, e dagli alunni e dai loro genitori. Questa mala-educaciòn non è però unica causa della perdita di gran parte del carattere formativo degli insegnanti. Pensiamo ai programmi ministeriali che imbrigliano i docenti in tabelle di marcia; quiz; schede tecniche, trasformandoli in allevatori da pollai intensivi. Nelle classi-pollaio, ingestibili perché sovraccariche, si deve puntare tutto sulla quantità piuttosto che sulla qualità delle nozioni, fornite spesso alla stregua di un pastone indigeribile; e chi presenta dei problemi non può, per ragioni tempistiche ma anche per carenza di fondi, essere recuperato. Bocciando raramente, li si fa allora convivere con le galline ovaiole, le migliori, fino ad esaurimento della produzione, fino al termine del ciclo di studi. In questa logica da somministrazione di informazioni e non da coltivazione di talenti, la capacità formativa dell’insegnante, il suo far capire che nella vita si è migliori non con il sapere tutti i titoli delle commedie di Pirandello quanto piuttosto comprendendo cosa Pirandello ancora oggi possa comunicarci con le sue commedie, va a farsi benedire. E con essa la di loro autorevolezza.

Domenico Antonio Capone

Articolo presente in:
News · Piazza Duomo

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