Giovedì 6 Giugno 2024

La storia di Manfredonia attraverso le monete

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Prima di parlare della storia di Manfredonia è opportuno rivolgere, almeno per un attimo il pensiero all’antica Siponto, sua progenìtrice. Essa fu preromana e, secondo Strabone, sarebbe stata fondata dal leggendario condottiero Diomede. Divenuta colonia romana nel 145 a. C. fu sede vescovile e, nonostante gli sconvolgimenti naturali l’avessero rovinata, conservò la cattedra vescovile fino al 1248. E’ importante evidenziare che, sotto la dominazione romana, Siponto raggiunse il massimo splendore e fu un prestigioso «Munìcìpìum». Data la felice posizione geografica, il suo porto fu «testa di ponte» con l’Oriente facendo sì che i traffici si sviluppassero notevolmente. Caduto l’impero romano d’Occidente, anche Siponto cadde in disgrazia. L’invasione degli Eruli di Odoacre, l’assedio degli Ostrogoti di Totila, le devastazioni per opera dei Goti nel 590, l’attacco dei corsari Saraceni, degli Schiavoni ed infine la occupazione delle truppe bizantine dell’imperatore Costante furono gli avvenimenti che caratterizzarono gli ultimi anni di esistenza della martoriata Siponto e dei suoi abitanti. Il colpo di grazia le fu inferto nel 1223, quando eventi tellurici la distrussero quasi completamente. Il 26 agosto 1251 re Corrado sbarcò nel porto di Siponto per occupare il regno paterno e vi trovò a riceverlo il fratello Manfredi che gli rese omaggio per aver sottomesso le città ribelli alla dominazione sveva. E fu dopo qualche anno che Manfredi, impietosìto dalla sorte toccata alla gloriosa Sìponto ed ai suoi abitanti che pensò di darle un sito più salubre, verso Oriente, a circa tre chilometri dalle malsane paludi che ne avevano reso impossibile la vita. Infatti, il 26 gennaio 1256 re Manfredi di Svevia, con largo seguito di baroni, poeti, scienziati e sacerdoti, pose la prima pietra e disegnò il piano della città nuova. Nel 1258, con i Sipontini superstiti ed i nuclei delle vicine terre pugliesi, la rese popolosa di ben tremila famiglie. Il mese di novembre del 1263, con regio diploma «Datum Orte» le diede il proprio nome dichiarandola «Città di Regio Diritto» e dotandola di una zecca per coniare il suo «denaro». Ed è proprio della Zecca e delle monete ivi coniate che desideriamo annotare gli avvenimenti più importanti, per scoprirne aspetti noti e meno noti della nostra storia con particolare riferimento all’Apulia antica (1085 – 1197. Queste due date possono definirsi fondamentali per lo studio e le ricerche riguardanti la numismatica medievale meridionale. Il 1085 segnò l’apertura della Zecca dei Normanni in Puglia con Brindisi e i suoi «Follari», battuti da Ruggero Borsa Duca fino alla sua morte (1111). Il 1197 fu l’anno della elezione di Federico di Svevia a re di Sicilia, sotto la tutela della madre Costanza d’Altavilla, ultima erede normanna che, nel 1194 andò sposa ad Enrico VI di Svevia re dei Tedeschi. L’intento di Federico Barbarossa fu di creare l’unione delle due corone: «Sicilia e Germania», unione che provocò la netta opposizione del papato. Fu questo il motivo che indusse Carlo I d’Angiò a venire in Italia e la conseguente sconfitta di Manfredi a Benevento avvenuta il 26 febbraio 1266. Perciò il 1197 fu l’inizio di un lungo periodo florido per gli Svevi che durò fino al 1266 anno della morte del «Re Biondo» Manfredi. Dal 1197 al 1250 con Federico II; dal 1250 al 1254 con Corrado I; dal 1254 al 1258 con Corrado II o Corradino. Quindi si può arguire che in questo periodo, cioè dal 1197 al 1266 le Zecche di Messina Brindisi e Manfredonia batterono diverse monete in oro, argento, mistura e rame. Per cui, secondo la tesi di alcuni numismatici si può arguire che la Zecca di Manfredonia funzionò per soli tre anni: dal 1263 al 1266, non già dal 1258, in quanto da quella data fino al 1263 le monete furono battute a Brindisi ed anche perché la data di fondazione di Manfredonia risale al 1263. Infatti,  alcuni “denari” portano  nel campo una “A”sul dritto ed altri “AP” in monogramma Apulia. Dei denari e mezzi denari battuti a Messina (1258-1266), alcuni portano un’aquìla,, certi una «S» nel campo, altri una «S» crociata, certi altri «MAY» ed altri ancora una «T» stilizzata che sta a significare «Trinacria», anche se il “Corpus Nummorum Italicorum” attribuisce quest’ultima, prodotta dalla Zecca di Manfredonia. Infatti, i denari e mezzi denari coniati nella nostra città portano nel campo due tipi di emme: «M» gotica e «M» normale sul dritto e una croce sul rovescio. Invece, i «TARI» d’oro e multipli di Manfredi sono stati battuti a Messina dal 1258 al 1263 e, dal 1263 al 1266 a Manfredonia per cui la monetazione sia in oro che in biblioni è stata molto più abbondante di quella dei suoi predecessori, anche se non curata nei particolari. Quindi la parte maggiore della emissione di monete in oro è da attribuirsi alla Zecca di Manfredonia. Dopo la morte di Manfredi e la chiusura automatica delle Zecche di Manfredonia e Messina, altre monete furono coniate da Carlo d’Angiò con la riapertura del1a Zecca di Brindisi e la concessione del diritto di conio a Barletta per il periodo 1266- 1278 perché dal 1278 fino alla sua morte avvenuta nel 1285, la Zecca funzionò a Napoli.

 

Matteo di Sabato

 

Didascalie foto:

-monete in oro multiplo di tarì D/Maynfrifridus-Aquila in piedi. R/Croce teutonica

-Monete Manfredine in rame

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