Sabato 27 Aprile 2024

Luciano Stola: un uomo buono (di S. Cavicchia)

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Ci sono momenti in cui lo scrivere è solo un modo per restare con se stessi, per soffermarsi sui ricordi e le parole più significative di una persona cara, su quei comportamenti, pensieri e frasi che sono diventati nel tempo, gradualmente, valori di riferimento nel rapportarsi agli altri, nell’affrontare le problematiche del vivere. Un modo per restare a tu per tu con la persona cara che ora non c’è più e di cui improvvisamente si sente la mancanza; è come se in tal modo si potesse lenire il dolore sentito, perché, comunque, scrivere è dialogare con questa persona.

Pensieri privati che diventano anche testimonianza, desiderio di testimoniarne il valore pubblico, anche perché nel suo piccolo, nella e per la sua città tale persona ha svolto funzioni pubbliche. Perciò non posso fare a meno di ricordare un uomo buono, zio Luciano Stola, venuto improvvisamente a mancare il 25 aprile 2015.

L’ho conosciuto agli inizi degli anni sessanta, quando appena fidanzato con la nipote (mia moglie) cercavamo di evitare ogni incontro con lui, perché bonariamente ci rimproverava se ci vedeva assieme: eravamo troppo piccoli. Anche lui sembrava molto più giovane della sua età. Geometra, aveva intrapreso la libera professione da giovanissimo, sostegno economico principale se non unico della sua famiglia, affermandosi nel suo campo, stimato da cittadini e da colleghi, tanto da essere eletto presidente dell’Ordine dei Geometri della Provincia di Foggia. Dal ’68 i rapporti diventarono più famigliari e frequenti, quando, scoperta la politica come contestatore del partito al potere, la DC, conobbi da vicino il senso del suo essere un democristiano delle origini, equilibrato più che moderato. Di tale partito, al quale era iscritto da giovanissimo è stato segretario di sezione, consigliere comunale ed assessore provinciale. Di questa sua esperienza mi ha parlato spesso, confrontandosi, a cuore aperto, senza infingimenti; mi parlava degli aspetti più esaltanti ed ideali e di quelli più nascosti, della lotta tra le correnti nella DC, locale e nazionale, e della sua coerente appartenenza ad una determinata corrente rimanendone fedele anche di fronte a promesse e proposte allettanti. Era un uomo portato ad affrontare i problemi della città, senza visioni ideologiche, fondando le sue proposte sulla competenza e conoscenza tecnica delle questioni.

La cosa a cui maggiormente teneva era Manfredonia. Mi raccontava e sottolineava spesso quando in Consiglio Comunale e/o Consiglio Provinciale, pur essendo partiti avversi, su alcuni provvedimenti utili alla città, c’era un sostegno reciproco degli esponenti DC/PCI. E non era né compromesso, né storico; era semplice buon senso, una stima e comprensione reciproca che portava a far prevalere ciò che era positivo per Manfredonia, guardando all’interesse collettivo, al di là delle contrapposizioni ideologiche.

Ecco, era un democristiano al servizio del bene comune. Tanto che per spirito di servizio e passione trascurò anche la sua attività professionale, l’unica sua fonte di guadagno, specialmente durante il periodo in cui fu assessore provinciale ai servizi ed alle politiche sociali, che gli richiedeva un impegno pieno ed assorbente.

Il suo impegno politico era fondato su idealità e su una solida formazione culturale, così come il suo essere profondamente religioso era fondato sulla fede, sulla pratica e sulla conoscenza ampia. Pur provenendo da studi tecnici cercava continuamente di approfondire e tener vivo il senso del suo essere cattolico e democristiano. Infatti i due aspetti, cattolico informato e praticante e democristiano delle origini erano fortemente connessi. Prova di tutto ciò erano le due enciclopedie che teneva sempre a portata di mano nella sua biblioteca. La prima era la “Storia delle religioni” in cui, in dodici volumi, vengono approfondite le caratteristiche di tutte le religioni esistenti nel mondo; la seconda era “I cattolici nei tempi nuovi e la Dc oggi” approfondisce in sei volumi le figure di Romolo Murri, Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi, Achille Grandi, Aldo Moro e la storia della Dc, dalle origini del popolarismo cattolico ai primi anni ’80.

Cattolico, profondamente religioso, aveva un atteggiamento dialogante ed accogliente, senso delle Istituzioni, portato alla mediazione più che alla contrapposizione, pronto a mettere sempre al primo posto il valore della persona, l’umano prima della politica stessa. Democristiano delle origini era consapevole dei limiti e della trasformazione in atto nella Dc, soprattutto agli inizi degli anni ’90; coglieva con sofferenza la perdita della spinta ideale e del ruolo centrale della Dc nella politica e nel governo italiano, anche come conseguenza di avvenimenti internazionali, quali nell’89 la caduta del Muro di Berlino e la fine del “bipolarismo internazionale”. Era consapevole che la Dc da tempo non era più il partito dei cattolici, ma un partito di cattolici, in una Italia in cui i cattolici praticanti erano divenuti una minoranza. Tuttavia si rammaricava spesso, molto e profondamente, della decisione presa il 18 gennaio del 1994 di sciogliere la Dc. Da allora, pur continuando ad avere una forte passione politica, cessò di fatto la sua militanza. Era, quindi, un democristiano delle origini rimasto senza la Dc, come un cittadino senza la propria casa. Ma più ancora era un uomo buono.

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Silvio Cavicchia

 

 

 

 

 

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Commenti

  • L’hai ricordato egregiamente e giustamente come uomo buono e giusto… Grazie Silvio.

    Fedelino

    Fedelino 28/04/2015 18:48 Rispondi

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