Sabato 27 Aprile 2024

La campagna di scavi 2015 a Coppa Nevigata

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La relazione del professor Alberto Cazzella sulla campagna di scavi effettuata nell’insediamento dell’età del Bronzo di Coppa Nevigata, Manfredonia.

Gli scavi hanno interessato 25 quadrati, ognuno di 25 mq, per un’estensione totale di oltre 500 mq. E’ stata inoltre effettuata, grazie alla disponibilità di Bruno Mondelli, una ripresa aerea con il drone, che consente di avere un’immagine aerea aggiornata dell’intera area di scavo (fig. 1).

Le aree di intervento nel corso della campagna 2015 sono state tre: gli strati dell’Appenninico/ inizio del Subappenninico posti a sud delle mura, subito a est della porta di accesso all’abitato; i livelli dell’Appenninico/ inizio del Subappenninico posti nella zona sud-orientale dell’area di scavo; gli strati subappenninici a sud-est della grande trincea provocata dall’azione della ruspa nel 1979.

Nella prima area (quadrati G2P, G2Q, G3B, G3C, G3D, G3F, G3L) lo scavo si è interrotto a diversi livelli.
Nei settori più settentrionali (G2P, G2Q) ci si è fermati alla testa degli strati appenninici (fine del XIV secolo a.C.), segnata da un esteso acciottolato, in alcuni punti mal conservato (fig. 2). E’ presente inoltre una sorta di piccola piattaforma lastricata con pietre che formano una superficie piana. Nei settori più a sud (G3B, G3C, G3D) lo scavo è stato ulteriormente approfondito (figg. 3, 4), fino a porre in luce due strutture delimitate da muretti a secco curvilinei (una sub-circolare, anche se incompleta, e una che sembra essere un segmento di ellisse: in quest’ultimo caso si tratta di un possibile muro di delimitazione/ protezione dal vento). Sono inoltre state evidenziate due piccole strutture sub-circolari caratterizzate dalla presenza di un acciottolato e una piccola piattaforma simile a quella sopra ricordata (fig. 5), al margine sud-orientale dello spiazzo posto in corrispondenza della porta appenninica e subappenninica, più volte pavimentato, con limitate differenze nell’estensione dello spiazzo stesso: le due piccole strutture circolari sopra ricordate sono, infatti, in parte coperte da una di queste sistemazioni del suo piano di calpestio. Lo scavo si è fermato quando è stata raggiunta la medesima superficie lasciata indisturbata dall’asportazione della ruspa del 1979 nell’adiacente quadrato G3L: sono state qui individuate tracce di attività connesse con l’uso del fuoco indiziate da terreno parzialmente scottato e abbondanti carboncini.

Nella seconda area si è proceduto nell’individuazione per un breve tratto della fronte interna delle mura appenniniche (XIV secolo a.C.) e di parte del relativo riempimento nel quadrato I3Q (fig. 6).
Nell’adiacente quadrato I3P e in un angolo di I3O è stata scavata una parte del deposito che si appoggia a tale fronte interna delle mura, posto al di sotto di un sottile livello di terreno giallo attribuibile al Subappenninico, che sembra essere in continuità su una vasta estensione che interessa anche i quadrati I3I, H3N, H3H, H3G, H3B, la cui superficie è stata parzialmente messa in luce nelle precedenti campagne di scavo. Si tratta quindi di un’ampia sistemazione della superficie, su cui appaiono impostate le strutture riferibili alla fase subappenninica. Resta tra i problemi aperti capire se in occasione della realizzazione di questa superficie relativamente piana sia stata effettuata un’ampia asportazione di livelli, riferibili all’Appenninico o agli inizi del Subappenninico. In I3O, al confine con I3I, sia tale sottile livello di terreno giallo, sia il terreno che si addossa alla fronte interna delle mura appenniniche appaiono tagliati da un’ulteriore fossa cilindrica, il cui riempimento è stato asportato. Una fossa di minori dimensioni, che taglia solo il deposito addossato alla fronte delle mura appenniniche (che in quest’area, tuttavia, si trova subito al di sotto del terreno di superficie) è stata parzialmente scavata lungo la parete sud del quadrato I3P (fig. 7). L’altra metà della fossa ricade nel quadrato L3B, non scavato. Verso nord-ovest le mura appenniniche appaiono tagliate dalla realizzazione di una struttura verosimilmente attribuibile ad età moderna, pavimentata con un piano realizzato con una malta a base di calce, anche se non molto compatto. A sua volta parte di tale piano e tutto il riempimento preistorico sottostante è stato tagliato da una profonda fossa a pianta trapezoidale, da interpretare presumibilmente come uno dei saggi Quagliati degli inizi del ‘900, di cui non si conosce la collocazione topografica (fig. 8). Il saggio è stato riaperto per rilevare la stratigrafia e successivamente colmato di nuovo: sembra aver intercettato, oltre al riempimento delle mura appenniniche in parte disturbate dalla struttura sopra ricordata, anche quello, assai più profondo, delle mura protoappenniniche. Il saggio si approfondiva ulteriormente, fino a raggiungere un livello che, dai pochi frammenti ceramici individuati, potrebbe indicativamente essere riferibile al Neolitico. Limitati interventi nel quadrato I3E hanno interessato un livello di riempimento terroso, che si trova tra la fronte interna delle mura appenniniche e il loro riempimento in pietrame. In quest’area, infatti, come già constatato più a nord-ovest (in modo particolarmente evidente nei quadrati G2N, H2I, H2O, H2P), il riempimento originario delle mura in pietrame a secco fu in parte sostituito con l’apporto di terreno, delimitato verso l’abitato da un ulteriore muretto di contenimento. La stessa tecnica sembra essere stata applicata nel tratto delle mura che ricade nei quadrati H2Q, H3C, H3D, H3H, come indicato dal risultato delle nuove indagini in I3E. E’ da notare che più a sud-est, nel quadrato I3Q, come sopra ricordato, le mura, scavate per un tratto molto limitato, sembrano essere caratterizzate dal solo riempimento in pietrame a secco.

Particolarmente significativi appaiono i risultati ottenuti dalle indagini relative ai livelli subappenninici nei quadrati G3H, G3N, H3A, H3B, H3E, H3F, H3G, H3I, H3L, H3M, H3O.
Come già notato nelle precedenti campagne di scavo, tutta l’area appare interessata da estesi episodi di incendio, probabilmente almeno due in successione, e da consistenti accumuli di concotto a essi legati. Anche se è ancora necessario acquisire maggiori dati, nella parte centrale dell’area (quadrati H3E, H3I, H3L e piccole porzioni dei quadrati adiacenti) sembrano essere riconoscibili due strutture a pianta quadrangolare con asse nord-ovest/sud-est, parzialmente sovrapposte, entrambe distrutte dal fuoco. Quella superiore, delimitata da una canaletta, ben riconoscibile nei quadrati H3I e H3L, ma in parte asportata in antico nella porzione nord-occidentale, ha restituito una minore quantità di reperti (fig. 9). Quella inferiore, al momento visibile essenzialmente nel quadrato H3E  (figg. 10, 11, 12), presenta, oltre a ceramica d’impasto, diversi frammenti di ceramica tornita e dipinta di tipo italo-miceneo, in gran parte rovinati dall’esposizione ad alte temperature. Sono attestati ingenti quantità di semi e si riconoscono anche resti di tavole/pali carbonizzati. Le aree circostanti mostrano tracce meno consistenti di incendio, ma la presenza di un piano in argilla (probabilmente un’area aperta esterna alle strutture) esposto a tale evento, con almeno una piastra di cottura (fig. 13). Sono presenti inoltre acciottolati e un piano realizzato con calcare giallastro frantumato, delimitato da una fila di pietre (figg. 14, 15).

In una porzione del quadrato H3F, al di sotto dei livelli di incendio, è stata messa in luce una sistemazione del terreno ottenuta con più allineamenti paralleli di pietre di medie dimensioni, con andamento nord-ovest/ sud-est (fig. 16).
Tra i materiali diversi dalla ceramica sono stati rinvenuti nell’area in esame in particolare un frammento di fibula presumibilmente ad arco di violino e due teste di spillone con decorazione a occhi di dado in materia dura di origine animale.
La presenza di tali elementi e della ceramica di tipo italo-miceneo fanno pensare che si tratti di strutture legate a un nucleo di individui che ricoprivano un ruolo emergente nell’ambito della comunità relativa all’insediamento subappenninico.
Da un punto di vista cronologico, in attesa dello studio complessivo dei materiali, si può preliminarmente notare che i reperti diagnostici sembrano essere riferibili a un momento non molto avanzato del Subappenninico (XIII secolo a.C.).

Professore Alberto Cazzella
Università di Roma “La Sapienza”

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