Giovedì 25 Aprile 2024

Un politico intelligente

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Spesso, specie in questi giorni, si ricorda la figura di Aldo Moro quasi esclusivamente per i momenti drammatici del suo rapimento ed uccisione, o per aspetti macchiettistici legati alla sua prolissità e al carattere contorto del suo periodare. Al massimo lo si indica come il padre del primo governo di centro-sinistra o come il fautore delle convergenze parallele, dell’apertura al P.C.I. Ma Aldo Moro, aldilà di questi dati senza dubbio veritieri, fu soprattutto immagine del politico intelligente, del politico che deve, quasi per deformazione professionale, saper leggere (l’intelligere dei latini) tra le pieghe della realtà, della società. Si consideri ad esempio il discorso (quello dei “Tempi nuovi si annunciano ed avanzano in fretta come non mai”) che pronunciò, nel novembre del 1968, durante il Consiglio nazionale della D.C. Essendo in gran parte osteggiata la sua linea politica, l’avvenuta alleanza di governo con i socialisti di Nenni nel precedente quinquennio, Moro dichiara di voler assumere all’interno del suo partito una posizione defilata ed autonoma, ma non di certo sterile. Dinanzi alla necessità di continuare l’opera di razionalizzazione dei frutti del boom economico, ma soprattutto dinanzi alle rivendicazioni e i moti di protesta sessantottini, lo statista pugliese invita i suoi colleghi ad un concreto sforzo intellettivo perché “non si tratta solo di essere più efficienti, ma anche più profondamente capaci di comprensione, più veramente partecipi, più impegnati a far cogliere in noi non solo un’azione più pronta, ma un impegno di tutta la vita, un’anima nuova che sia all’unisono con l’animo del mondo che cambia, per essere migliore e più giusto.” Un dialogo sì aperto e costruttivo ma a partire da una piena coscienza di sé e non legato al solo inseguire l’opinione pubblica (“Certo guai a non muoversi con le cose che si muovono; ma guai a recidere le radici che affondano nel nostro passato e nel nostro patrimonio ideale”). Una “tensione verso l’avvenire” che, a suo avviso, “deve essere nei partiti che, per loro natura, mediano tra la realtà del presente e la prospettiva di sviluppo”. Non si vuole qui fare una celebrazione agiografica di Moro, né sostenere che nella I° Repubblica i politici fossero tutti intelligenti (anche se in questa categoria si possono ascrivere numerose personalità fra le quali Spadolini; Berlinguer; Fanfani; La Malfa; Bassi): è solo nostalgia, non per certi modi di fare politica (sfido a trovare oggi come allora chi riesca a sostenere fino a 6 ore di puro discorso moroteo), ma per i contenuti di un certo tipo di politica. Non sono stati però i social, i nuovi linguaggi della comunicazione a depauperare la politica: si pensi alla maggiore comprensione che un pensiero come quello di Moro avrebbe potuto avere anche attraverso l’utilizzo degli hashtag (#, il vecchio cancelletto). Il problema è che attualmente dietro un simbolo, il #, utilizzato in origine per raccogliere dati attinenti ad uno stesso campo semantico, ed ampiamente abusato nell’ultima campagna elettorale (invitandoci a credere; ad andare avanti; all’onestà; a ridare l’Italia agli Italiani) vi è spesso il vuoto.

Domenico Antonio Capone

 

Articolo presente in:
News · Piazza Duomo

Commenti

  • Grazie all’Onorevole Moro, a fine anni sessanta, ottenemmo anche a Manfredonia una sezione dell’Istituto Industriale. La richiesta fu fatta, in periodo elettorale, a cura dei giovani democristiani dipendenti della Ajinomoto, tra cui Pasquale Lauriola e Aldo Messina, entrambi prematuramente scomparsi. La risposta, diretta ai giovani, venne subito dopo le elezioni con lettera dell’allora Presidente del Consiglio e immediatamente dopo l’apertura.l

    ilproletario 21/03/2018 12:02 Rispondi
  • Condivido il grande progetto politico, aggiungo che dobbiamo a lui a Foggia la nascita negli anni 50,dell’ordine dei consulenti del lavoro:in cui tra i fondatori mio padre il Rag. Brunetti Domenico, IL Padre dell’attuale Presidente Fabozzi e IL Padre dell’attuale consigliere Longo..abbiamo il dovere di ricordare e testimoniare i grandi del passato.

    Roberto Brunetti 21/03/2018 7:57 Rispondi

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