Sabato 27 Aprile 2024

Un ricordo personale e pubblico di Salvatore Castrignano (di S. Cavicchia)

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Il caro amico Salvatore Castrignano è morto il 21 marzo, il primo giorno di primavera quando la natura iniziando a rinascere fa intravedere la possibilità di andare oltre. Quasi a richiamare spontaneamente il senso ultimo e profondo del suo libro “Bandiere e Primavere” che, nonostante le sue gravi condizioni di salute, con tanta passione ha voluto scrivere, raccontando vicende che hanno contribuito a far crescere la nostra città. Vicende che esprimono il fermento, la vivacità, la primavera vissuta a Manfredonia negli anni ‘70/’80 e che sono una testimonianza di cosa sia il “Bene Comune”, facendone rifiorire il senso nella memoria e nel presente.

Salvatore ha amato profondamente e totalmente la nostra città e fino agli ultimi giorni della sua vita ha parlato, discusso, operato e progettato iniziative per migliorarla attraverso una partecipazione personale e collettiva, modificando le tante situazioni di degrado e di impoverimento. Fino all’ultimo è stato un uomo sociale, un uomo pubblico non tanto e solo per e nei ruoli istituzionali svolti, ma ancor più nel carattere esemplare, nel suo essere esempio di vita.

Certamente al primo posto c’era la famiglia, quella ristretta e quella più ampia della parentela che ha amato con tutto se stesso e  da cui è stato amato altrettanto profondamente, traendo da questa reciprocità forza, speranza, coraggio, spinta e sostegno per il sua attività sociale, politica e sindacale, che ha svolto con dedizione totale tanto da dover spesso accantonare la propria vita privata. Questo è un insegnamento forte che si può trarre dalla sua vita: famiglia non come chiusura, non come altro rispetto alla città, ma fonte di apertura e di legame stretto con la comunità tutta, leva di energia per l’impegno pubblico-sociale.

La sua morte, (e la sua vita), pur lasciando un vuoto in me, negli amici, nei compagni ed, ancor più grande, nei famigliari, ha anche riempito di senso il nostro stesso vivere. Il suo è esempio concreto del valore profondo dell’essere persona socialmente attiva, del fatto che il senso della nostra esistenza trascende la nostra individualità. Le nostre azioni ed opere sembrano infatti avere un senso più pieno e compiuto se contribuiscono alla crescita della nostra comunità presente e futura, inserendosi contemporaneamente in una prospettiva ultraterrena, spirituale e religiosa.

Non è casuale che nel suo libro aleggia uno spirito, una spinta interiore che anima le azioni sindacali per e dalla parte dei più deboli e che dà un senso più profondo e più degno alla propria ed altrui esistenza umana. È il cristianesimo, profondamente radicato in ciascun di noi e tanto più in Salvatore  che espressamente ha scritto “pur essendo stato iscritto al Partito Comunista Italiano e sindacalista della CGIL sono stato e sono un cristiano, ………. come tanti milioni di persone che si trovano in sintonia con il valore del cristianesimo”. Su questo richiamando con forza alcune parole di Papa Francesco “Terra, casa, lavoro. È strano, ma se parlo di questo qualcuno sostiene che il Papa è comunista. L’amore per i poveri è al centro del Vangelo”.

Perciò, caro Salvatore, ti sono grato per l’amicizia fraterna, la preziosa condivisione di idealità e di momenti di vita tra i più belli. Con dolore e con affetto immenso ti porterò stretto nel cuore.

Post fazione al libro di Salvatore Castrignano “Bandiere e Primavere” 

BANDIERE E PRIMAVERE  DI SALVATORE CASTRIGNANO

La vita manfredoniana attraverso le lotte sindacali e sociali degli anni 70/80

Questo libro dell’amico Salvatore Castrignano racconta con ef­ficacia un mondo sociale ed economico collettivo, la storia di una città del Sud Italia come Manfredonia degli anni ’70/80, attraverso il punto di osservazione dell’impegno sindacale nella CGIL, ricercan­do nella memoria una forza propositiva che dia valore e prospettiva al presente.

Già il titolo del libro dice e racconta anche quello che non è scritto, ciò che inconsapevolmente ha guidato l’autore. C’è, infatti, un pro­fondo significato simbolico e spirituale nel titolo del libro, “Bandiere e Primavere”: la bandiera è un simbolo d’identità; essa dà subito il senso di appartenenza ad una classe sociale, ad un mondo che non solo è quello del presente, ma è incorporato dentro di noi dal passato più antico ed ancestrale. Ancor più profondo è il significato simbolico della primavera: questa è strettamente legata all’idea della rinascita, la quale, pur essendo legata alla morte, fa intravedere la possibilità di andare oltre, considerandola non definitiva in assoluto.

I lavoratori sono i veri protagonisti del libro

Traspare evidente dal libro che i veri protagonisti dell’azione sin­dacale sono i lavoratori stessi, che attraverso il loro impegno e loro lotte sindacali per acquisire diritti costituzionali prendono coscienza e svolgono un ruolo generale di cittadini protagonisti. Non rappre­sentano solo una parte, un gruppo sociale, ma sono la cittadinanza attiva e partecipante, una comunità solidale che opera al servizio di tutta la società, perché le conquiste dei più deboli e disagiati sono una base di vita migliore per tutti. Si realizza così contemporaneamente emancipazione e presa di coscienza personale e collettiva: insieme si vince e, anche quando qualcuno resta sul campo, non si è soli.

Il racconto è descrittivo, parla da sé, specialmente se si è attenti a cogliere il legame ed il significato delle parole e delle immagini, là dove le fotografie danno immediatamente il senso profondo della mobilitazione dei lavoratori e dei movimenti collettivi: è lotta per rivendicare più giustizia sociale e condizione di vita migliori, ma anche festa ed addirittura gioiosità, pur nei sacrifici, nelle povertà e carenze quotidiane, perché “Nessuno era solo!”. Qui traspare e si manifesta con tutta la sua forza il valore della coesione e della soli­darietà, vissuta e praticata dai lavoratori nei momenti di lotta e nella vita quotidiana. Perciò è evidente che le lotte sindacali e sociali non sono solo mezzi per migliorare le proprie condizioni di lavoro, ma anche la vita della collettività promuovendo giustizia sociale.

Gli imprenditori locali e l’estraneità della cultura industriale

Nel libro c’è un intreccio tra il mondo del lavoro dipendente da tutelare ed il mondo delle imprese. L’azione sindacale contro il lavoro nero, il sottosalario, l’orario di lavoro eccessivo, il non rispetto del contratto collettivo, i licenziamenti collettivi, il ritardato o mancato pa­gamento delle retribuzioni, le assunzioni non regolari e di favore ecc., veniva portata avanti con varie modalità dentro e fuori i luoghi di lavo­ro, dalle assemblee alle azioni giudiziarie, dagli scioperi agli incontri col datore di lavoro, dalle azioni di protesta ai presidi e alle informa­zioni pubbliche, anche attraverso manifesti e comunicati stampa.

Ma il libro descrive anche il mondo imprenditoriale locale, che ha saputo essere elemento di progresso e di sviluppo per il nostro territorio. A me pare particolarmente significativo ed importante questo ricono­scimento da parte di un dirigente sindacale per vari motivi. Emerge una visione aperta, non settaria del mondo del lavoro nel suo complesso, in cui il lavoro autonomo e quello del piccolo imprenditore locale, che opera personalmente nell’azienda rischiando proprie risorse, ha anch’esso un profondo valore progressivo: anche l’impresa ha una funzione sociale, specie se, pur basata e spinta dal profitto, opera con responsabilità sociale e diventa fonte di ricchezza per tutto il territo­rio, responsabilità che emergono ancor più quando si sviluppano attività economiche legate alle vocazioni ed alle risorse del territorio, consenten­do uno sviluppo autopropulsivo, più consistente e radicato.

Il libro dedica uno spazio importante al caso Ajinomoto e alla vi­cenda ANIC-Enichem, sia perché viene presentata una lettura ed una visione specifica della CGIL sulla vicenda in modo organico e ragio­nato, sia perché si possono cogliere spunti utili e originali.

A colpire è il loro comune destino: la loro chiusura, sia pur per ragioni diverse, ed il fatto che, come rileva Castrignano, l’industria nel nostro territorio nasce prevalentemente da “iniziative imprendi­toriali esterne che, pur dando lavoro a tante persone, tendevano a ri­manere estranee al tessuto sociale e produttivo esistente”. La cultu­ra industriale è, quindi, rimasta lontana dalla cittadinanza, tanto che quando l’Aijnomoto chiuse e i lavoratori, i Sindacati e le Istituzioni pubbliche si mobilitarono per difendere il lavoro con varie iniziative, la cittadinanza diede un sostegno scarso e rimase in gran parte disin­teressata. Lo stesso avvenne con l’ANIC-Enichem ma con modalità più drammatiche, perché l’estraneità e l’avversione, che erano già molto forti e presenti nella cittadinanza al momento del suo insedia­mento, sono rimaste sempre vive durante la sua attività produttiva, fino a sfociare nella lotta cittadina per la sua cacciata.

Da qui due semplici considerazioni: 1) un insediamento industria­le estraneo all’esigenze, alle risorse, alle caratteristiche specifiche del nostro tessuto sociale ed ambientale è destinato a produrre danni e povertà nel medio e lungo termine anche se nell’immediato porta occupazione e ricchezza; 2) La salute non è tutto, ma senza la salute il tutto è niente. Questo messaggio, ormai incorporato dalla cittadi­nanza, porta oggi più che mai a porre con forza la necessità improcra­stinabile della bonifica completa, piena, corretta dell’area Enichem.

Primo Maggio: il personale è collettivo

Significativo e dall’alto valore simbolico è il racconto di come ve­niva celebrato il Primo Maggio: nel libro, infatti, viene detto espres­samente: “Aprile, il mese delle primavere rappresentava l’avvio delle attività di preparazione della Festa del Lavoro”. In esso si sintetizza­va il senso di tutte le iniziative sindacali per il progresso cittadino e si esprimeva il legame con le storiche lotte per il miglioramento delle condizioni di lavoro e per il rinnovamento sociale.

Tutto il mondo, l’Italia, Manfredonia era in festa. La grande fatica della preparazione, i giorni passati ad organizzarla, le analisi, le pro­poste, le attività, le tante iniziative, il corteo imponente e multicolore accompagnato dalla banda cittadina ecc.; tutto si fondeva e veniva immediatamente ricondotto alle bandiere sventolanti, a dire: “ci sia­mo, siamo uniti, stiamo arrivando, noi siamo la nuova primavera, la rinascita del mondo, la luce, il sole dell’avvenire!”. Tutti gli impegni e le iniziative concrete a tutela del lavoro, la fatica, la sofferenza e le miserie quotidiane si scioglievano in questa manifestazione di gioio­sa e costruttiva aggregazione.

In quegli anni, nonostante forti conflitti e contrapposizioni esplici­te (o forse proprio per questo!) si promuoveva dinamismo economi­co, produttivo, sociale e valoriale. Oggi, nonostante la forte riduzione di lotte e di mobilitazioni dentro e fuori i luoghi di lavoro, si assiste ad una sorta di smobilitazione del senso di appartenenza, della coe­sione e della solidarietà. Nonostante tutto, c’è da chiedersi: possono esserci oggi soggetti collettivi che promuovano il cambiamento ed il rinnovamento, una rinascita sociale, nuove primavere? Il libro di Castrignano offre una risposta, apre ad una possibilità: ripensare il passato per dare senso al presente, senza abbassare lo sguardo, anzi alzandolo verso l’orizzonte.

La CGIL, casa dei più deboli

Uno spirito, una tensione ideale, percorre tutto il libro, penetra nel­le vicende raccontate animandole. Viene così alla luce quella spinta interiore che anima le azioni sindacali per e dalla parte dei più deboli e che dà un senso più compiuto e più degno alla propria e all’altrui esistenza umana, collegata all’insegnamento cristiano a cui fa riferimento Castrignano nell’ultima parte del libro.

Certamente il libro di Salvatore Castrignano, raccontando alcune vicende sindacali, esprime “l’aspirazione di riscatto di una comunità e di un territorio desiderosi di cambiamenti e di conquiste”. In effetti i risultati ottenuti con le battaglie sindacali hanno inciso positiva­mente e sensibilmente nella vita di centinaia di famiglie. La centra­lità ed il valore del lavoro guida l’azione di Castrignano nella CGIL, che non è solo difensore dei diritti nei luoghi di lavoro, ma anche attore strategico per i processi di sviluppo più complessivi. Il Sinda­cato era semplicemente la casa dei più deboli, ed è indubbio che la sua attività è stata vitale per la democrazia e per il raggiungimento di risultati di giustizia sociale e di sviluppo.

Il Sindacato è, quindi, un soggetto collettivo che spinge al cam­biamento, specialmente se torna e si rifà alle origini, ridiventa movi­mento e non solo organizzazione burocratica, se ritrova i motivi ed i valori delle sue origini. Un Sindacato che tutela i diritti dei lavoratori ma che è anche protagonista propositivo dello sviluppo del territorio, che promuove coesione, solidarietà, impegno gratuito e volontario, coscienza civica ed etica della responsabilità, oltre che giustizia ed uguaglianza sociale. Questa è “la mia CGIL”, come la chiama Ca­strignano.

Silvio Cavicchia

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