Venerdì 26 Aprile 2024

Maestri d’ascia, un’arte mai estinta…il cantiere Rucher (Foto&Video)

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 …ne l’arzanà de’ Viniziani / bolle l’inverno la tenace pece / a rimpalmare i legni lor non sani, // ché navicar non ponno – in quella vece / chi fa suo legno novo e chi ristoppa / le coste a quel che più viaggi fece; // chi ribatte da proda e chi da poppa; / altri fa remi e altri volge sarte; / chi terzeruolo e artimon rintoppa… Ci affidiamo alle suggestive parole di Dante Alighieri, che nel XXI canto dell’Inferno usa l’Arsenale di Venezia come descrizione metaforica delle Malebolge, per parlare del Cantiere Navale dei F.lli Rucher di Manfredonia. Questi particolarissimi artigiani usano infatti pece e fuoco per dar vita alle loro imbarcazioni. Manfredonia un tempo era ricca di cantieri navali. La nostra flotta peschereccia era la terza d’Italia, e i nostri cantieri navali rifornivano numerose città marinare di splendide imbarcazioni create dalla perizia e dall’estro dei nostri maestri d’ascia. Anche se tanti cantieri hanno dovuto chiudere per mancanza di commissioni o per la crisi nel settore della pesca, l’arte dei maestri d’ascia non è affatto estinta. Domenica 22 aprile presso il Cantiere Navale dei F.lli Rucher si è tenuta l’emozionante cerimonia del varo di un’imbarcazione di ben 18,5 metri, interamente costruita a Manfredonia per il signor Paolo di Candia, da cui ha preso il nome. “Ogni anno variamo nuove imbarcazioni – ci ha riferito Antonio Rucher che assieme a suo figlio Michelangelo dirige il cantiere – ma erano circa 10 anni che non varavamo un’imbarcazione così grande. Il varo di una nuova imbarcazione rappresenta per chi la costruisce un momento nel quale si intersecano aspettative, timori e certezze, accompagnate da gratificazione e soddisfazione per la realizzazione di un’opera che si rinnova come se fosse la prima volta”. Un bellissimo lavoro di squadra realizzato da sole sette persone. Una tradizione centenaria che i maestri d’ascia Antonio e Michelangelo, quest’ultimo diplomato in Costruzione Navale, portano avanti con passione, conservando la tradizione e tramandando la memoria del passato, che affonda le radici nel lavoro dei loro antenati, ma allo stesso tempo si evolve e si adegua alle moderne tecnologie. Le imbarcazioni che realizzano sono fatte interamente in legno. Partendo dal progetto in scala si passa alla realizzazione dei modelli (seste) e delle strutture portanti (la ruota di prua, il dritto di poppa e le ordinate); si procede quindi all’impostazione, e ultimata l’ossatura, la si chiude con il fasciame che viene calafatato per renderlo impermeabile; vengono poi aggiunte tutte le sovrastrutture che rendono l’imbarcazione abitabile, e l’imbarcazione è pronta per essere affidata al mare il giorno del varo. Un capolavoro d’ingegno umano e di tradizioni che non va assolutamente perso. Anzi esortiamo i giovani, che spesso non sanno neanche dell’esistenza di un lavoro così affascinante, a imparare quest’arte antica che potrebbe dare loro un futuro e al tempo stesso portare avanti delle conoscenze che si tramandano da secoli ormai. Antonio ci ha raccontato che quando un’imbarcazione viene varata, appena in mare fa una specie di inchino, che in gergo si chiama “saluto”. Auguriamo al cantiere navale Rucher un futuro di tanti “saluti”.

Mariantonietta Di Sabato

Video a cura di Saverio Papicchio


Foto di Francesco Armillotta

 

Foto di Lorenzo Tagliamonte

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Commenti

  • “U candir d mast Calang”.
    Quanti bei ricordi di bambino, in quel cantiere aiutavamo il padre del mio amico (Bubbù) a pitturare le sue barche in costruzione (la “Marianna” e la “Farfalla”) che sarebbero state adibite alla pesca delle cozze pelose. Mi ricordo di Mast Calang, una persona mite e taciturna.
    Che questa nobile arte si tramandi per generazioni.

    IL BELLO 05/05/2018 17:35 Rispondi

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