Sabato 27 Aprile 2024

È “la fabbrica del carnevale”, bellezza!

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Probabilmente quando a fine settimana questo Giornale raggiungerà i Lettori, non sarà ancora chiarita e districata la vicenda del governo della città dell’imprenditore Gianni Rotice, sindaco dimissionario dagli inizi di questo mese di settembre. Un epilogo in perfetta continuità con le incredibili e stravaganti vicende che hanno caratterizzato e animato questi ormai due anni di permanenza di Rotice e compagnia nel Palazzo di Città. Una permanenza che ha espresso il peggio che possa produrre una amministrazione senza una programmazione seria e rispondente alla realtà in cui si dibatte la popolazione (le tante sfavillanti visioni e promesse della campagna elettorale si sono rivelate delle chiacchiere prive di qualsiasi logica); senza una giunta che avesse le capacità (non parliamo di competenze) di governare una barca in balia della tempesta; senza una idea politica nel senso lato, di come utilizzare le tante risorse materiali e immateriali del territorio; lontana da una sia pur accennata considerazione (impensabile una valorizzazione) dei consistenti prodromi culturali che affondano le radici in un passato glorioso e per tanti versi presente. Niente. Una compagine amministrativa “senza arte né parte”, dicono gli anziani che costituiscono una gran fetta della popolazione, le altre quote, di chi ha bisogno di lavorare, dei giovani, corrono via, come indicano le statistiche Istat. Una amministrazione che è parso sempre più evidente avesse altro per la testa, interessata più a faccende personali che ad affrontare le problematiche della città rimaste ai margini. Gravi i conflitti con gli operatori economici locali. Sempre più emblematica di tale condizione, la improvvisa cacciata dalla giunta (a pochi mesi dalla sua costituzione) dell’assessore alle opere pubbliche, il quale in una pubblica conferenza, ha snocciolato i retroscena raccapriccianti occulti di quella decisione del capo supremo. Una sceneggiata pressoché analoga a quella da cui è poi scaturito lo scatafascio dell’amministrazione Rotice con le conseguenze di cui si è spettatori ansiosi di conoscere come va a finire. Come nel primo caso, anche in questo ultimo (non si hanno ragguagli su quello che è lecito immaginare, sia successo in questo intervallo di tempo) casus belli è un appalto di opere: il primo si trattava dell’appalto milionario dei servizi di illuminazione ed energetici pubblici; in questo in itinere, il contesto è ben più sostanzioso, ben 55milioni di euro per opere da realizzarsi nel ghetto di Mezzanone. Anche oggi, come ieri, la reazione di Rotice al rifiuto di approvare la delibera che si era affrettato a presentare in una giunta convocata in fretta e furia (si era in piena Festa Patronale), è stata quella (lo stile non mente) di cacciare il suo vicesindaco. Anche altri due assessori si erano rifiutati di approvare astenendosi dal voto. Ma mentre uno (al personale) si è dimesso, l’altro (alle attività produttive) general manager (Linkedin) di una grossa azienda, è rimasto passando nelle fila di Rotice, pensando, dicono i bene informati, ai progetti edilizi da tutelare. È a questo punto, quando le cose sono irrimediabilmente precipitate, che Forza Italia si è svegliata dal lungo torpore nel quale era scientemente finito. Ma qui va in scena l’ennesimo balletto della sempre più enigmatica brigata Rotice. FI toglie l’appoggio al sindaco e i tre consiglieri (superstiti di un gruppo di sette, gli altri quattro fagocitati dalle Sirene di Rotice) si uniscono ai nove colleghi di opposizione e assieme sottoscrivono le dimissioni. Si associa anche il consigliere indipendente il quale come tale fa la banderuola della situazione. Tredici dunque. Il che vuol dire sfiducia del sindaco che in extremis ricorre alla sponda delle dimissioni che gli consente di avere venti giorni di tempo per decidere: dentro o fuori. Ma a questo punto, come nelle migliori commedie noir, ecco il colpo di scena. L’imperturbabile capo gruppo di FI ritira le dimissioni (“una imposizione famigliare” bisbigliano i sussurri) e si aggrega al “parente” sindaco; lo segue il consigliere banderuola. Il numero dei “liberatori” scende a 12, tanti quanti dall’altra parte. Insomma, un tourbillon sussultante, nel quale agiscono maschere, giochi, lazzi e frizzi. “E’ “La fabbrica del carnevale”, bellezza! Che ti aspettavi”.Il preveggente sindaco, del resto, lo aveva fatto stampare sul fronte del LUC, ossia Laboratorio Urbano Culturale, un presidio culturale destinato ai giovani che così sono stati ricacciati in strada.

di Michele Apollonio

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