Domenica 28 Aprile 2024

Gigetto Prato, il carnevale nel DNA, i coriandoli nel sangue

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Il 3 febbraio 2013, in occasione dei sessant’anni del Carnevale di Manfredonia, pubblicavamo sulle nostre pagine quest’articolo che riporta una interessante intervista a Gigetto Prato. Gigetto racconta i suoi ricordi legati al Carnevale sin da bambino, ricordi che comprendono personalità che ancora oggi vengono ricordate per il loro ingegno e la loro fantasia, come Tinella Capurso, sua zia o Luciano Gatta, la voce dei suoi splendidi veglioni. La riproponiamo come “amarcord” non solo del grande Gigetto, ma come un pezzo della storia del nostro bellissimo Carnevale.

Gigetto Prato con Marco Maria Renzullo, 2004

Tra i personaggi che hanno fatto grande il carnevale di Manfredonia c’è senza dubbio Gigetto Prato. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare i suoi sessant’anni di carnevale. Nato in una famiglia dalla lunga e profonda tradizione carnascialesca, Gigetto respira aria di carnevale sin dalla primissima infanzia. I suoi primi ricordi del Carnevale sono l’immagine di Corso Manfredi pieno di centinaia di pagliacci con pochissime persone non mascherate, e poi i costumi realizzati da zia Nella (Tinella Capurso ndr). Gigetto, infatti, figlio della sorella di Tinella, fu una delle prime “vittime” delle “sevizie” di questa donna geniale. Sarta d’eccezione, dalla splendida inventiva, Tinella realizzava meravigliosi costumi che poi faceva indossare ai suoi nipoti. Negli anni ’50 il Veglioncino dei bambini si svolgeva ancora a Foggia, e l’intraprendente Tinella ogni anno ideava e realizzava una maschera da presentare al concorso. Gigetto ricorda ancora sulla pelle la sensazione di calore che gli procurava l’imbottitura del suo costume che simulava le rotondità di uno dei tre porcellini, che lui, a 7 anni, insieme a sua cugina Rita Palumbo e Nino Brigida, impersonarono nel veglioncino del 1953, per non parlare del peso della maschera dei porcellini realizzata in pesantissima cartapesta. “Quell’anno – racconta Gigetto – partecipò al veglioncino anche la figlia del notaio Nobile di Foggia, con una splendida carrozza con tanto di cavalli, fatta realizzare addirittura da un carrista di Viareggio, viste le possibilità economiche del notaio. Zia Nella, invece, utilizzava solo materiali poveri, quelli che riusciva a trovare; all’epoca non esistevano particolari tessuti. Ma questo non impedì ai tre porcellini di vincere il veglioncino, a discapito della splendida carrozza di Cenerentola”. Un paio di anni dopo fu la volta della maschera di Pinocchio, con vere e proprie gambe di legno, realizzate su misura da un falegname, nelle quali Gigetto doveva infilarsi, e un cappello di vera mollica di pane fatto realizzare da un carcerato. Particolare curioso: arrivati a Foggia per il Veglioncino, il cappello di pane cominciava a sbriciolarsi, e Tinella, timorosa di non fare bella figura e attenta a tutti i particolari, riattaccava i pezzi con… la saliva. Ma la fantasia e l’inventiva di questa donna non avevano limiti. Qualsiasi maschera le venisse in mente, riusciva sempre a realizzarla, non importa quali fossero le difficoltà, con l’ingegno e i materiali poveri di cui disponeva; ogni ostacolo veniva superato, e tutto veniva realizzato nei minimi particolari. Dunque, Gigetto cresce in quest’atmosfera e questa allegria del carnevale. Altra tradizione del carnevale di Manfredonia è la socia: si liberavano dai mobili le case a pianterreno, e si ballava con la musica di un giradischi. “Ma le socie – dice Gigetto – erano il divertimento del popolino; la media borghesia andava di veglioni ai veglioni, dove era d’obbligo l’abito da ‘pinguino’ (lo smoking) per l’uomo e da gran sera per le signore. L’Azienda di Soggiorno e Turismo organizzava grandi veglioni con famosissimi cantanti come ospiti, e poi c’era il veglione del Circolo Unione, riservato ai soli soci”. Il giovane Gigetto e un gruppo di amici, annoiati da una serata con Raul Casadei, si riuniscono a ballare nella casa vuota di sua nonna; la serata va così bene che decidono di replicare la sera successiva. Questo fece nascere l’idea di organizzare veglioni “alternativi” ai veglioni impomatati, e dare vita a qualcosa di più libero e divertente. Nasce così la “Socia dei Friscke e Tìse”, all’inizio formata solo da una cerchia di amici, poi allargata al punto da dover fare i veglioni al Cine Teatro Pesante. Chi frequentava i veglioni dei Friscke e Tìse, poi diventati I Chépe frèscke, di certo ricorderà le divertentissime gag di Gigetto e Angelo Carbone. I costumi erano fatti con quel poco che si riusciva a trovare in casa e quello che la fantasia dettava al momento, tutto per puro divertimento. A completare quest’allegra brigata a un certo punto, “quando ce lo potemmo permettere, perché era molto ambito da tutti e di conseguenza molto costoso” dice Gigetto, arriva la musica del compianto e troppo presto dimenticato Luciano Gatta con i suoi Gatti blu. “Luciano era un istrione. Sul palco si trasformava, quell’uomo mite che era nella vita diventava un uomo di spettacolo immenso. Tutto quello che rappresentavamo su quel palco era dettato dall’estro del momento, niente era preparato. Chi non ricorda l’inno della socia ‘Ma ‘ndò vai, se la banana non ce l’hai?’ ”. Infatti, se Gigetto e Angelo erano lo spettacolo comico dei veglioni, la voce di Luciano ne divenne l’immancabile colonna sonora, una voce mai stanca in quelle interminabili serate di carnevale. “Dovevamo cacciarli alle 4 del mattino, nessuno se ne voleva andare”. Anche se affollatissimi i veglioni della socia I Chépe frèscke erano comunque un ambiente tranquillo e selezionato. “Mia moglie Adriana faceva il DNA a chiunque venisse a comprare i biglietti, e non è mai successo niente, mai. Questa per me resta una grande soddisfazione”. Gigetto Prato è davvero una di quelle persone che può festeggiare sessant’anni di Carnevale. “In tutti questi anni ho fatto davvero tutto per il carnevale, dalla partecipazione al veglioncino da bambino, alla costruzione dei carri fino alla carica di presidente del Comitato nel 1993 e nel 2004. Non posso rimpiangere nulla; anzi, se potessi, continuerei a organizzare qualcosa. Bisogna continuare a inculcare la tradizione del Carnevale nei bambini. La ‘Sfilata delle Meraviglie’ e ‘Venti minuti con il tuo carnevale’ sono nate proprio per portare il Carnevale nelle scuole e di conseguenza nelle famiglie. La scuola deve essere un vivaio, perché i bambini sono quelli che devono portare avanti questa tradizione, altrimenti tutto si perde. Carnevale e la festa della Madonna sono le feste più importanti di Manfredonia, e bisognerebbe lavorarci tutto l’anno, e non solo dopo Natale. Se così fosse, non importerebbe se Carnevale viene presto o tardi, sarebbe ininfluente”.

Mariantonietta Di Sabato

 

Tinella Capurso

Luciano Gatta

Gigetto Prato, Luciano Gatta e Angelo Carbone

Pinocchio, veglioncino 1955

Luciano Gatta e i gatti blu

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Carnevale · News

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