Venerdì 26 Aprile 2024

Dalla parte del Sud: ri-leggere Manfredonia e la questione meridionale. Ok. E poi? Separiamoci?

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di Silvio Cavicchia

La settimana di riflessione collettiva promossa da Andrea Pacilli Editore e dall’Associazione SE.DI.CI dal titolo “LeggereManfredonia” è stata bella, appropriata, profonda, partecipata, ben organizzata, significativamente inserita nell’attuale dibattito generale sulla questione meridionale, con un respiro culturale ricco, localistica e contemporaneamente orientata a capire ed a collegare riflessioni, libri ed analisi su e di un territorio specifico, Manfredonia (e la provincia di Foggia), a libri ed approfondimenti più generali, riguardanti il Sud e l’intera società italiana. Con piacere è da sottolineare tale buona riuscita che ripaga il coraggio degli organizzatori per il rischio culturale e l’impegno.

Non poteva iniziare meglio la ripresa della vita cittadina dopo le ferie estive e la scorpacciata di spensieratezza, feste, eventi musicali ed enogastronomici all’insegna del divertimento più sfrenato, confuso e confusionario, periodo in cui comunque ha brillato il messaggio così accorato e coinvolgente dell’omelia di Mons. Castoro al termine della processione “Svegliati Manfredonia, rialzati”.

SVEGLIATI MANFREDONIA, RIALZATI

Ecco Manfredonia si è svegliata di buon mattino e si è animata fino a sera, per leggere e capire meglio se stessa e le proprie prospettive. Si è mentalmente risvegliata alla fine di un’estate incerta ed all’alba di un autunno che si prospetta molto problematico, forse più preoccupante del solito, ma contemporaneamente anche più vivo, più nuovo, più dinamico poiché si avvicinano le elezioni amministrative. Momento fondamentale in cui la città si mette in movimento più che mai per riflettere sul presente ed il futuro di se stessa e delineare qualche prospettiva nuova, qualche spinta in più verso un maggiore senso di comunità e di solidarietà, qualche speranza in più per le persone in difficoltà. Momento in cui la partecipazione, per lo più inesistente o passiva e latente dei sipontini alle problematiche cittadine diventa più attiva ed attenta. Partecipazione alle elezioni amministrative che ci si augura sia la più pubblica, trasparente e propositiva possibile, basata sui contenuti e la credibilità etica e politica delle persone per lavorare al servizio della comunità, e non si riduca ai soliti giochi, clientelari, familistici ed affaristici per acquisire voti e potere per sé.

UN SEGNALE DI UNA POSSIBILE MANFREDONIA NUOVA

Le tre iniziative culturali che avevano al centro rispettivamente le tematiche de “IL SUD CHE VERRà”, “A CHE PUNTO è LA NOTTE. LO STATO DELL’ARTE DI STAMPA ED EDITORIA IN DAUNIA”, “UNA RINNOVATA QUESTIONE MERIDIONALE” hanno dato spunti specifici e generali che si sono ben amalgamati e collegati con la IV giornata di riflessione in cui sono stati presentati, discussi e vissuti con partecipazione, quasi immedesimandosi con i protagonisti e gli autori, i libri di Franco Pinto “Sprevôgghie. Nvrà mère e vambôgghie”, di Tommaso Prencipe “Rosso Tramonto. Fatti e misfatti di un brigante garganico” e di Michele Gemma “Piccola donna del Gargano: Storia di Mariamichela che non fu brigante”. Il tutto ha avuto una valida conclusione con la V giornata in cui è stato assegnato il premio di narrativa “Rita De Cristofaro”, con la presentazione del volume di autori vari, vincitore del concorso “Scrivere Manfredonia”. Questa settimana è stata segno di una città viva, che ha dentro di sé potenzialità e risorse umane che possono contribuire veramente a migliorare e a costruire una Manfredonia nuova. Tutto bello e soddisfacente. Cosa c’è di più completo e filosoficamente gaudente del vivere e stare in compagnia arricchendo il proprio tempo di idee, nutrendo la mente, come se si fosse a una grande tavolata del Simposio socratico, in un’agorà vissuta, piena e ricca di un sentimento di ben-essere?

EPPURE UNA RIFLESSIONE SUL POI VA FATTA

Eppure una riflessione sul dopo va fatta; è necessaria una qualche risposta alle domande: E poi? Quali spunti, quali linee, quali fili conduttori da seguire per uscire fuori dal labirinto e dalle sabbie mobili di una realtà cittadina e meridionale dominata, purtroppo, dall’immobilismo e dal trasformismo?  Come trasformare le idee in fatti ed iniziative per farle camminare sui piedi delle persone?

PRENDERE COSCIENZA DELLA PROPRIA FORZA ED AGIRE IN PRIMA PERSONA

Si è chiarito senza ombra di dubbio che l’arretratezza del Sud Italia ha origini dal come si è costruita l’Unità d’Italia col dominio dei Savoia e da una politica che ha drenato risorse dal Sud a favore del Nord, e che tutto ciò continua tuttora più che mai. Inoltre è emerso, forte e chiaro, dalla riflessione collegiale sulla Questione Meridionale che: i meridionali (ed i manfredoniani) hanno un futuro se riescono a prendere coscienza, con dignità ed orgoglio, della propria forza storica ed attuale, se riescono ad essere un soggetto collettivo, riprendendo il proprio destino nelle proprie mani, non delegando a chicchessia e tanto più al di fuori di se stessi e del proprio territorio, e partecipando in prima persona e collegialmente alla propria rinascita. Da queste considerazioni condivise è scaturita di conseguenza la proposta che per uscire fuori da questa situazione occorre una lotta, battaglia politica che metta al centro il territorio meridionale e le sue risorse di vario genere. C’è necessità di costruire un movimento, una rete politica meridionale, di organizzarsi e muoversi come una specie di Lega Nord del Sud?

“SEPARIAMOCI” DAL NORD?

é da considerare fortemente positivo un approccio di questo tipo poiché può mobilitare coscienze, senso di dignità, fiducia in se stessi, conoscenze sulle proprie grandi risorse ed energie, partecipazione attiva per cambiare la situazione, l’individuazione di meccanismi di sviluppo autoctono ed autopropulsivo, senza timori, con orgoglio. Fino ad arrivare al non escludere un “SEPARIAMOCI” DAL NORD?

Rifondiamo tutto il Sud come un’unica grande Regione-Stato riprendendoci la nostra autonomia e la nostra indipendenza; come al Nord vogliono costruire la Padania, inventandola, è da inventare e costruire l’unica grande regione, IL MERIDIONE ? Questa è la proposta politica più esplicita emersa dal dibattito per affrontare in modo nuovo e superare la Questione Meridionale. Tale proposta appare certamente piuttosto convincente e coinvolgente, in qualche modo esaltante; e, tuttavia, ci sono da sottolineare alcuni suoi limiti, nel ragionamento e nella modalità organizzativa (assente) per questa battaglia politica.

MANCA UN’APPROPRIATA ANALISI DEL RUOLO ATTIVO SVOLTO DALLE CLASSI DIRIGENTI LOCALI E MERIDIONALI PER L’IMPOVERIMENTO DEL SUD A FAVORE DEL PROPRIO ARRICCHIMENTO E DI QUELLO DEL NORD

Nelle analisi presentate non mi pare ci sia piena consapevolezza che:

  1. La conquista del Sud, il dominio del Nord, la sottomissione e lo sfruttamento del Sud come se fosse una colonia non è avvenuto casualmente a causa di un destino cinico e barbaro, ma si è potuto realizzare perché le classi dirigenti meridionali ed in particolare la classe politica ha fatto da tramite, ha favorito, è stata protagonista (e lo è tuttora) di tale subalternità e “colonialismo”.
  2. Al Sud è avvenuto ciò si è prodotto in qualsiasi altra colonia del mondo a partire dal ‘700, in Africa, in Asia, in Sud-America ed in tutti i paesi cosiddetti sottosviluppati, il cui sottosviluppo è dovuto allo sfruttamento dei paesi sviluppati del mondo occidentale e capitalistico, sfruttamento mediato e portato avanti dalle classi dirigenti locali. Ciò non è una novità, è un dato di rilevanza storica conosciuto ed infinitamente documentato; tale dominio non è solo economico ma è ovviamente culturale ed agisce sulle coscienze e sulla mentalità delle persone sottomesse (Frantz Fanon col suo libro “I dannati della terra” insegna). Così come è un dato ben evidente che oggi il “colonialismo” non è morto ma è ben vivo, in forme vecchie e nuove, morbide e moderate o violente ed oppressive.

Perciò sembra mancare nell’approccio di Pino Aprile ed altri un esame specifico e minuto, localistico e più generale di chi sono le classi dirigenti meridionali, di come hanno operato ed operano, a favore di chi, con quali strumenti, risorse ed organizzazioni, e del se e come possa essere possibile un cambiamento ed un rovesciamento di tale situazione. Ovviamente un’attenzione di questo tipo presuppone anche la capacità di proporre un’analisi della società meridionale non solo e tanto come territorio (indistinto ed amorfo) ma nella sua strutturazione sociale, nella sua articolazione di gruppi e ceti sociali portatori di interessi materiali, economici e culturali, diversi e contrapposti, ed in qualche caso comuni. Il Meridione come struttura sociale in cui, comunque, per i meno abbienti l’unica possibilità di farsi valere e contare è (era) quella di riconoscersi come uguali e darsi un’organizzazione specifica, che li rappresentasse e portasse avanti le loro esigenze. Cosa che oggi non è più, la qual cosa è la ragione principale dell’impoverimento progressivo dei gruppi sociali disagiati, di chi è debole nella scala sociale.

CHI È L’ÉLITE AL POTERE A MANFREDONIA E NEL SUD OGGI (E IERI)? QUALE CITTÀ E MERIDIONE HANNO PREFIGURATO E COSTRUITO?

Perché non leggere Manfredonia ed il Sud individuando e definendo storicamente i gruppi sociali dirigenti e dominanti, le élite al potere le persone, le famiglie che nel tempo hanno governato Manfredonia (ed il Sud), dal punto di vista economico, sociale e culturale attraverso idee e modelli di vita? Chi erano e chi sono oggi? I notai? Gli imprenditori edili? I commercialisti? Gli artigiani? Gli industriali? Gli operai? I pescatori? Di quali interessi sono portatori coloro che attualmente guidano politicamente Manfredonia (ed il Sud)? La gestione della cosa pubblica quali arricchimenti produce e per chi? Le deliberazioni, le decisioni amministrative, le risorse pubbliche a favore di chi si sono rivolte e quale tipo di città hanno prefigurato? A riguardo è da non dimenticare che con l’Unità d’Italia proprio i galantuomini ed gli agrari si appropriarono con le leggi sull’affrancamento ed apposite delibere comunali le terre demaniali ed a uso civico, il cui utilizzo pubblico serviva a lenire l’estrema miseria della popolazione contadina, arricchendosi ulteriormente ed immiserendo ancor più i non abbienti.

È chiaro che a seconda delle élite dominanti in un determinato momento storico a Manfredonia (e nel Sud) si prefigura e viene costruito un determinato tipo di città e di Meridione, che risponde agli interessi di tali ceti dirigenti. Se Manfredonia è cresciuta urbanisticamente in modo distorto è evidente che ciò è avvenuta non casualmente ma sulla spinta dominante della speculazione edilizia (i due palazzoni in Piazza del Popolo ne sono un esempio sotto gli occhi di tutti), dei cosiddetti imprenditori dell’edilizia, o meglio palazzinari e loro sostenitori a livello progettuale-tecnico-professionale ed a livello amministrativo politico.

Gli studi del Centro di Documentazione Storica di Manfredonia consentono di rilevare tali dati almeno per una parte del passato, anche se vanno risistemati e finalizzati. Sarebbe necessario rilevare tali dati anche attualmente, unendo cronaca, storia e sociologia del territorio, anche se sembra difficile ed anche “pericoloso” perché toccherebbe nel vivo gli interessi materiali, prevalentemente nascosti e sottaciuti, dell’élite locale al potere e, quindi, sicuramente se ne dovrebbe subire la reazione, poiché il potere difficilmente accetta di essere smascherato ed ancor meno scalzato. Ciò dovrebbe essere fatto a Manfredonia ed in tutto il Sud, a livello molecolare e più ampio.

La proposta politica emersa nel confronto pubblico di “LeggereManfredonia” esprime anche la necessità di organizzarsi politicamente sul territorio facendo prevalere, mettendo al centro le istanze, le esigenze, le rivendicazioni e le risorse fisiche ed umane del Sud, come un tutt’uno, un territorio indistinto. Tutti insieme appassionatamente. Chi? Francesco, giovane disoccupato di Canicattì e Giuseppe primario ospedaliero di Foggia, Matteo piccolo pescatore sopravvissuto come l’ultimo dei Mohicani di Manfredonia e Rosetta, giovane laureata in Lettere e Filosofia di Frattamaggiore che per realizzarsi ha come unica chance l’emigrare nel Trentino Alto Adige sperando in una supplenza in qualche scuola perduta tra le montagne, ed Angela figlia del ricchissimo proprietario terriero che fa la dirigente al Comune di Foggia? Nella proposta dei nuovi meridionalisti sembra esserci una carenza nell’individuazione dei soggetti politici motivati ed interessati al cambiamento. Certamente è vero che ci sono oggi (come ieri) giovani presenti o ritornati al Sud che si sono attivati positivamente producendo ricchezza e dinamismo con proprie iniziative imprenditoriali, associative e culturali. Ma occorre aver chiaro che è un sistema, una collettività da cambiare e per far ciò occorre la politica che è (o dovrebbe) esserne lo strumento principale. Oltre all’impegno personale occorre un impegno più collettivo ed organizzato, non basta la rivendicazione del valore centrale della territorialità meridionale, pur fondamentale.

PUÒ ESISTERE UNA LEGA NORD DEL SUD?

E poi come costruire un’organizzazione politica unitaria per tutto il Meridione? Una Lega Nord del Sud? Quanti Bossi ci sono nel Sud in grado di operare con la grinta, la tenacia, la rabbia, di esprimere anche i pregiudizi razzisti così diffusi nel Varesotto e nel Comasco da cui ha tratto e trae linfa vitale? Pregiudizi e clima ostile nei confronti degli emigrati meridionali che pian piano, alla fine degli anni ’70, stavano acquisendo e subentrando nella proprietà e gestione delle aziende artigiane e delle piccole imprese locali, fortemente in crisi di ricambio generazionale perché i figli, ormai più che benestanti, non erano interessati a subentrare, data la fatica richiesta da tali tipi di lavoro aziendale. Il razzismo contro i terroni che, non più subalterni, straccioni e fannulloni, stavano arricchendosi dimostrando dinamismo ed intraprendenza e conquistando un ruolo sociale più rilevante nelle stesse comunità locali. Tale sentimento di acredine, di spregio e di rivalsa era molto diffuso tra il “popolino settentrionale”, che non trovava più espressione e rappresentanza politica nella DC territoriale e lombarda, guidata da esponenti del cattolicesimo democratico e progressista, il quale non poteva accettare “pregiudizi raziali” poiché era contro la propria ispirazione cristiana. Ancor meno le istanze di tale popolino trovavano rappresentanza nel PCI, organizzazione dei più deboli, in cui erano fortemente presenti gli stessi meridionali emigrati. Su queste basi e con questo “humus sociale, culturale ed economico” è nato Bossi e la Lega Nord. (Lo stesso è avvenuto in Veneto come dimostrano le specifiche ricerche sociologiche di Ilvo Diamanti).

Esistono queste condizioni od altre simili nel Sud? Quanti Bossi sono pronti ad impegnarsi, a far politica, non dietro la scrivania o in convegni o nelle sedi di partiti o nei salotti della televisione ma nei luoghi del popolo e del popolino, nei bar, nelle bettole, nei circoli ricreativi, nelle mense aziendali, fuori dalle fabbriche, nelle strade, porta a porta fino a notte tardi tutti i giorni, senza mai alcun riconoscimento se non un applauso ed un bicchiere di vino, come è avvenuto per i tanti Bossi che hanno costruito la Lega Nord?

Questa organizzazione si costruisce con una rete associativa dei movimenti civici meridionali e/o con una rete di persone “virtuali” sul web? Ci si ricorda del Movimento della Rete costruita dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando negli anni ’90? Ci sono oggi nel Sud “intellettuali-politici”, pronti a mettersi al servizio di questa causa con le suddette modalità?

Sarebbe sicuramente utile e produttivo che i nuovi intellettuali meridionalisti, a livello locale e in tutto il Sud, da Pino Aprile agli altri, ragionassero propositivamente anche su tale questione; in tal modo sarebbe possibile contribuire a costruire un movimento politico che abbia gambe per camminare, che possa operare sotto la spinta della grande forza derivante dalle nuove analisi sulla Questione Meridionale.

Silvio Cavicchia

Sociologo e Ricercatore Sociale del Centro Studi e Ricerche “Eutopia”

silviocavicchia@libero.it

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